martedì 18 dicembre 2012

Malinconia pomeridiana




Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
             su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli
             d'aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
             dell'orto,
la mura c'ha piene le crepe
             di valeriane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
             soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
             pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
             di strada.
che un giorno ho da fare tra stanco
             don don di campane...

Nasconde le cose lontane, 
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
            là, solo,
qui, solo quest'orto, cui presso
            sonnecchia il mio cane.
     

Giovanni Pascoli, "Nebbia", 1899 ( tratta da "I canti di Castelvecchio")



Un pomeriggio di metà Dicembre nascosto dalla nebbia della campagna pisana

martedì 4 dicembre 2012

E adesso la pubblicità!

È tanto, direi troppo tempo che non scrivo qualcosa; mi sa che ho una specie di blocco dello scrittore. Non trovo nulla di interessante da dire e mi scopro a pensare che nessuno trovi interessante quello che dico. L'autostima, questa sconosciuta!
Ultimamente però ho aperto un nuovo blog. Ok, la cosa può sembrare un ossimoro: non ho niente da dire e apro un altro blog? Bè, sì! Perché di là non parlo dei miei "fuochi artificiali". Di là faccio solo del bene: do consigli (non richiesti) per lo shopping.
Chi mi conosce sa che vorrei farlo per lavoro (oltre ad aprire una paninoteca, scrivere  per Vanity Fair, gestire una pasticceria, organizzare matrimoni ed essere una casalinga sposata ad un uomo molto ricco, bellissimo e pervertito quanto basta). Quindi parto in punta di piedi, male che vada mi sarò divertita ad andare in giro per negozi, a cercare notizie di moda e stile su internet ed a leggere con più attenzione Vogue.
Uso oggi questo blog per fare pubblicità all'altro e prometto che a breve tornerò a scrivere sotto il potente effetto dei miei sbalzi d'umore... ;)

Seguitemi!!!

http://lamieenroseconsigliperloshopping.blogspot.it/

mercoledì 24 ottobre 2012

Strega anch'io

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare, dopo l'ennesimo omicidio, dei soprusi sulle donne da parte degli uomini possessivi, violenti ed assassini che, non accettando di essere lasciati dalle loro compagne, spesso si vendicano perseguitandole, picchiandole ed accoltellandole.
Sempre, la domanda che tutti si pongono è "perché?". Ognuno ha la sua risposta. A me viene in mente un passo del capolavoro di Michelet, "La Strega" (1862), che, riferendosi alla donna, dice: "Nasce Fata. Per il naturale ricorso dell'esaltazione è Sibilla. Per l'amore è Maga. Per acume, malizia (...) è Strega." Eccola lì, racchiusa in poche parole, la probabile spiegazione di tanta violenza che, ancora oggi, è tristemente protagonista della cronaca.
Ciò che la Chiesa nel Medioevo ha fatto alle donne e delle donne è abominevole: costringendole a scegliere tra la verginità della vita monacale e la rispettabilità della vita coniugale, dove la donna perbene doveva crescere ed educare i figli, rifiutando il piacere e concedendosi solo per dovere, la Chiesa ha etichettato come "streghe" tutte coloro che sceglievano la terza via. Colei che era graziosa, che suscitava il desiderio degli uomini e la conseguente invidia delle altre donne, che rifiutava la dicotomia monaca/ moglie e che sceglieva con il proprio cervello era una strega e, in quanto tale, poteva essere, per Legge, perseguitata, torturata, bruciata viva.
Scrive ancora Michelet "Si noti che in certe epoche, al solo nome di strega, l'odio uccide a capriccio. Le gelosie femminili, le bramosie maschili, fanno propria un'arma tanto comoda. È ricca? Strega. Ha grazia? Strega."
La cosa triste è che questa concezione è talmente dura a morire che la caccia alle streghe, seppur mascherata, continua. Ricordate "Bocca di Rosa"? Ricordate la Bersagliera di "Pane amore e fantasia"? Ricordate "Malena"? Belle, diverse, suscitavano invidie e gelosie. Erano senza ombra di dubbio "streghe" e quindi dovevano essere punite.
Oggi, le donne che si distinguono per "acume e malizia" non vengono più rinchiuse e condannate a morte. Alle torture fisiche sono state sostituite quelle piscologiche, non vengono più bruciate, ma etichettate come poco di buono e spinte, più o meno esplicitamente, a vergognarsi. Lo dimostra perfino il fatto che, per ottenere un po' di rispetto e credibilità, molte donne rinunciano del tutto o quasi ad esibire la loro femminilità, diventando "uome" sia nel modo di vestirsi che nel modo di fare.

Anche quando tutto fa pensare che la mentalità sia cambiata, se si guarda bene in fondo ci si accorge che il seme di quella mentalità da Medioevo è sempre pronto a germogliare. Viviamo in un momento storico in cui vengono guardati con affettuoso rimprovero gli uomini che partecipavano ai festini di Arcore (lasciando da parte lo sdegno politico), perché "l'uomo è cacciatore", ma scoppia lo scandalo per la farfallina di Belen: "le portava le mutande, quella puttana?". L'uomo può, la donna no.
Non c'è da stupirsi se poi, in questa continua caccia alle streghe, qualcuno sia portato a pensare che, in fondo, sia giusto ammazzarla colei che si distingue per libertà di pensiero, che non rinuncia alla propria femminilità e che sceglie di non essere proprietà di un uomo.

lunedì 8 ottobre 2012

Io sono la mancanza...

Ultimamente non ho molta voglia di scrivere. Sarà che, da un po', sento di non aver nulla di interessante da dire, sarà che non ho aspettative per il futuro, sarà che vivo alla giornata...
È come se tutto intorno a me fosse come ovattato, come se fossi anestetizzata. L'Estate appena trascorsa ogni tanto riaffiora con qualche immagine colorata che mi sveglia da questo specie di letargo umorale: un vestitino verde acqua, il cielo azzurro e le colline assolate della toscana, un mare trasparente e un tramonto, un casco rosa, il sole sulle balle di fieno, una panchina in un prato verde, un campo di girasoli.
Non pensavo che l'Estate sarebbe stata così. Piacevole. Quasi spensierata. Tutto sommato, l'aver imparato a non aspettarmi nulla mi aiuta a gustarmi le belle giornate, quando arrivano all'improvviso, in tutte le loro sfumature, a respirarmele a pieni polmoni e ad esserne soddisfatta.
Peccato che poi tutto torni ad essere sempre avvolto in questa specie di nebbia, e che le giornate senza colori mi sfuggano via dalle mani come sabbia.
Quando te ne vai da qualcuno o da qualcosa a cui tieni, non vedi l'ora di ritornare; ecco, io forse ho imparato a non avere qualcuno o qualcosa da cui tornare e quindi vado sempre e solo avanti. Ma, non avendo obiettivi, ciò che vedo davanti a me è solo un'immensa distesa bianca, il vuoto.

"...io sono la mancanza- la mancanza che sono- 
sono ciò da cui manco- sono tutta mancanza-
-e non c'è nostalgia- neppure lontananza -
essendo ciò che manca- adesso e sempre- io" 
(Mariangela Gualtieri, "La sostanza dove io manco")


sabato 22 settembre 2012

...in a Barbie world...

Chi non conosce la Barbie? La bambolina sorridente, col fisico della velina (che negli anni è cambiato, prima era più formosa, adesso è dimagrita) e i capelli quasi sempre platinati è stata il simbolo glamour per quasi tutte le bambine dal 1959 (anno della sua "nascita") ad oggi. La Mattel, la casa produttrice, ha dichiarato che attualmente si vendono circa tre Barbie al secondo.
Come tutti sanno, Barbie ha diversi amici e un fidanzato, Ken (con il quale è stata in "pausa di riflessione" dal 2004 al 2006). Ken è alto, biondiccio, palestrato e, manco a dirlo, sorridente pure lui.
La caratteristica peculiare di Barbie e Ken è che entrambi non hanno attributi sessuali. Lei ha sì le tette (che negli anni si sono ridotte di un paio di taglie) ma senza capezzoli, e... LÀ SOTTO non c'è nulla, zero, niente di niente. Idem lui.
Eppure...
Eppure alzi la mano chi, da preadolescente, non ha giocato con Barbie e Ken immaginandoli in situazioni pruriginose: Barbie dal dottore, Barbie la prima notte di nozze, Barbie che tradisce Ken con Big Jim, Ken che tradisce Barbie con una sua amica e via discorrendo.
Ebbene, la fotografa canadese Mariel Clayton ha reso queste fantasie realtà. Non solo: è andata oltre, immaginando una Barbie amante delle orge, del sesso estremo, sociopatica, assassina, assetata di sangue. Sempre col viso perfettamente truccato e sorridente, Barbie è capace di compiere qualsiasi nefandezza senza scomporsi e senza rinunciare allo stile e alla moda.
Mi pare evidente che nelle intenzioni della Clayton c'è quella di profanare e distruggere il mito di Barbie: la perfettina non è poi così perfetta, mai lasciarsi ingannare dalle apparenze.
Gli scenari delle fotografie sono curatissimi in ogni dettaglio e, nonostante siano spesso terrificanti, non infastidiscono lo spettatore, perché anche nel delitto Barbie non perde la sua aria snob e tutto appare piatto, finto e plastificato come lei.
L'odio della Calyton verso la povera Barbie è evidente.
La genialità di queste foto anche. In fondo tutte noi, quando immaginavamo certi scenari con Barbie e Ken, non facevamo altro che ribellarci all'immagine che volevano imporci: tu fai una bambola asessuata? E io la rendo una pervertita!
Tu fai una bambola perfettina? E io la spettino, le taglio i capelli, le stacco la testa.
Per quel che mi riguarda, non ho mai profanato la Barbie dal punto di vista fisico, ma solo sessuale, e infatti le foto che preferisco della Clayton sono proprio quelle in cui Barbie è...come dire... una donna moralmente discutibile!
Godetevi alcune foto:





















giovedì 20 settembre 2012

La borsa o la vita!

A volte le donne non sanno perdere. Ok, togliamo "a volte" e ricominciamo: le donne non sanno perdere. E siccome sono una donna, mi impegno tanto per vincere. Non sempre ci riesco.
Due sere fa, ho vinto.
Ma partiamo dall'inizio. Come tutte le fashion victim sapranno, il 18 settembre si è svolta, per la prima volta a Firenze, la Vogue Fashion's Night Out. Obiettivo della serata: accaparrarmi l'esclusiva Dark Bag di Braccialini, la borsa di Catwoman in edizione super stra mega limitata. Come mi ha detto Consuelo "una vera bimba cattiva deve averla!".
Sapevo che la vendita non sarebbe iniziata prima delle 19, sapevo che la borsa sarebbe stata in vendita solo per quella serata e che a Milano, il 6 settembre, tutte le borse erano andate esaurite nel giro di pochissimo tempo.
Piano di battaglia studiato insieme a Mary: arriviamo lì alle 18, ci mettiamo in fila armate di pazienza ed eventuali coltelli molto affilati e all'ora x ci avventiamo sulla borsa come leonesse affamate su una bistecca.
La vera mossa vincente è stata la scelta delle scarpe: quando arriviamo a Firenze siamo circondate da donne di ogni altezza, forma ed età, vestite come alle sfilate, con scarpe dai tacchi vertiginosi. Mary ed io abbiamo optato per jeans e ballerine. Ok essere fashion, ma se bisogna lottare si deve essere comode!
Mentre ci dirigiamo verso la boutique Braccialini notiamo tre signore che arrancano sui tacchi 12, che hanno la nostra stessa meta; con abile mossa, perfettamente a nostro agio nelle ballerine comode che indossiamo, le raggiungiamo e le superiamo, talmente veloci che le loro gonne di chiffon si alzano al nostro passaggio, salutandole con la manina e un sorriso cortese ma pieno d'astio. Non vi lasceremo la Dark Bag, care megere griffate!
Arriviamo davanti al negozio e, anche se in anticipo di un quarto d'ora, entriamo. Le borse sono già lì, pronte per essere acquistate, accarezzate ed amate. Guardiamo la commessa con aria minacciosa e le chiediamo: "possiamo acquistare la borsa o dobbiamo proprio aspettare le 19??". La commessa non ha avuto il coraggio di dirci di no. Due minuti dopo usciamo sulla strada con le nostre buste. Siamo state le prime. Abbiamo vinto.
Durante la serata scopriremo poi che le borse erano state quasi tutte prenotate dai vips e dai clienti "di serie A" e che quelle "libere" erano una decina.

Passiamo il resto della serata girovagando tra i negozi; una breve tappa per cenare all'Hard Rock Cafè e poi di nuovo sulla strada.
Alla Fornarina una minuscola borsa viola cangiante è l'oggetto esclusivo della serata: "ma che è, la borsa della Barbie? Che ci dovrei fare con questa?" chiedo a Mary che prontamente risponde "bè... quando vai a ballare almeno sai dove mettere i preservativi!".
La fila davanti al negozio di Patrizia Pepe è impressionante: tutte vogliono la maglietta limited edition della serata. Noi nemmeno ci proviamo: abbiamo già il nostro prezioso bottino!
A La Rinascente è meglio che a Natale. È tutto molto glamour, molto fashion, molto frivolo!
Nel chiostro di Palazzo Antinori visitiamo la mostra mercato degli stilisti emergenti, dove si possono acquistare foulards in pura seta, belli e colorati, a 45 euro.
Rolex dà un party esclusivo, Tiffany ti concede l'entrata libera nel suo negozio. Ovunque camerieri che ti offrono spumante e cocktail, musica a tutto volume e folla in delirio!
Difendiamo le nostre borse dagli sguardi invidiosi delle donne rimaste a bocca asciutta e decidiamo di venir via quando la notte è ancora giovane. Siamo stanche ma soddisfatte e adesso ci ritroviamo con una super esclusiva borsa che non metteremo mai...
Ma volete mettere la soddisfazione??















martedì 11 settembre 2012

"Sono su un aereo. E' stato dirottato. Ti amo tanto. Di' ai miei figli che li amo tanto"

Tutti ci ricordiamo cosa stavamo facendo. Sto parlando dell'undici settembre 2001, il giorno in cui due aerei si schiantarono contro le Twin Towers a New York, durante l'attacco terroristico che, di fatto, ha cambiato il mondo intorno a noi e ha profondamente ridimensionato il concetto di libertà che avevamo fino a quel momento. Pensavamo di essere invincibili, inattaccabili, completamente liberi di fare quel che volevamo. Per noi la guerra era una cosa studiata sui libri di scuola, talmente lontana da noi da risultare talora quasi inverosimile.
Le scene che vedemmo quel giorno in tv eravamo abituati a vederle al cinema, e ciò che ci costringeva a stare davanti agli schermi, rincorrendo un notiziario dopo l'altro, era proprio l'incredulità di chi pensa "ma come è possibile che sia accaduto davvero?".
Io stavo guardando "Ally McBeal". Erano più o meno le tre del pomeriggio, stavo anche lavando i piatti. Ricevetti una telefonata da un'amica che mi disse "Guarda cosa è successo! Metti subito su Raiuno!".
E quello che vidi è ciò che continuiamo tutti a vedere, ogni anno: le torri fumanti, la persone che si gettavano nel vuoto, il crollo, la gente disperata e impaurita, la polvere, i pompieri... una storia che conosciamo a memoria, eppure continuiamo a ripetercela in modo quasi ossessivo.
Ciò che mi ha sempre colpito e rattristato di più sono state le telefonate di coloro che si trovavano sulle torri e  sugli aerei dirottati, che avevano capito che sarebbero morti: telefonate disperate lasciate sulle segreterie telefoniche o fatte in fretta e furia, per dire un'ultima volta "ti voglio bene", "ti amo" "non dimenticarmi".
Mi sono sempre domandata cosa avrei fatto io. Chi avrei chiamato. Probabilmente avrei provato a chiamare i miei genitori, gli amici e le persone più care, ma, e questo potrà sembrare paradossale, la prima chiamata sarebbe stata per qualcuno non certo dei miei sentimenti nei suoi confronti. I miei genitori e le persone che mi sono vicine da una vita sanno con certezza ciò che provo per loro. Non so speigare bene perché, ma la primissima telefonata credo la farei per rendere qualcuno sereno, per dirgli "ti voglio bene davvero", per togliergli qualsiasi dubbio.
Gli direi di pensarmi qualche volta e gli augurerei tutto il meglio.
E poi lo saluterei citando una frase, tratta da "Molto forte, incredibilmente vicino", romanzo la cui vicenda ruota attorno proprio alla tragedia dell'undici settembre:

"... è tragico poter vivere una sola vita, perché se avessi due vite una l'avrei passata insieme a te."

Il mio ricordo dell'undici settembre non passa attraverso le frasi fatte. Non voglio parlare di politica, di polemiche, di ipotesi di complotto. Potrei parlare della paura che da allora ci accompagna, di come guardiamo con sospetto una valigia lasciata incustodita alla stazione o dell'angoscia che ci pervade quando dobbiamo salire su un aereo. Ma sarebbe solo demagogia.
L'undici settembre è stato, principalmente, la tragedia delle famiglie e di coloro che si volevano bene e si amavano ed è a loro che, oggi più che mai, va il mio pensiero. Perché di questo, dei sentimenti, della paura, dell'angoscia di perdere qualcuno a cui si vuole bene, di questo solo voglio parlare.

N.B. La frase che dà il titolo a questo post è la telefonata di Ceecee Lyles, una hostess che si trovava sul volo United Airlines 93 (quello che si schiantò in Pennsylvania senza raggiungere l'obiettivo), lasciata sulla segreteria telefonica del marito.

giovedì 23 agosto 2012

Com'è essere il Diavolo?

"Io Lucifero, Angelo Caduto, Principe delle Tenebre, Portatore di Luce, Sovrano dell'Inferno, Signore delle Mosche, Padre delle Menzogna, Apostata supremo, Tentatore dell'Umanità, Serpente Antico, Principe di Questo Mondo, Seduttore, Accusatore, Tormentatore, Bestemmiatore, e senza dubbio Miglior Scopata dell'Universo visibile e invisibile (...), ho deciso, oh la la!, di dire tutto. Tutto? Qualcosa. Accarezzo l'idea di farne il titolo: Qualcosa. Gli conferisce una modestia post-millenaria, non credete? Qualcosa. La mia versione della storia. Il funk. Il boogie. Il rock and roll. (L'ho inventato io il rock and roll. Non immaginereste mai tutte le cose che ho inventato. Il sesso anale, ovviamente. Il fumo. L'astrologia. Il denaro... Risparmiamo tempo: tuto ciò che nel mondo vi distoglie dal pensare a Dio. Che, verosimilmente, è qualsiasi cosa nel mondo, non è vero? Cavolo!)"
Glenn Duncan, "Io sono il Diavolo"

Se non lo avete ancora letto, fatelo immediatamente!
Raramente un libro mi ha divertita di più. Certo, se siete molto religiosi e poco inclini a scherzare su questo argomento, forse non è il libro che fa per voi.
Al contrario, se siete curiosi di leggere la versione di Lucifero su come sono andate le cose prima e dopo la "caduta"... bè, questo libro vi illuminerà!
Innanzitutto Lucifero è mooolto sexy. Il che mi sembra ovvio: è lui che ha inventato il sesso. Chiedetelo a Eva, quella sfacciata!
Seconda cosa, Lucifero è simpatico. In certi momenti gli sarete solidali. Insomma, poveretto, pensateci un secondo: lui era lì che da - sempre - doveva vivere nella gioia e nell'adorazione del Vecchio, senza farsi domande, senza dubitare mai nemmeno per un secondo se fosse giusto o meno. Tutto il tempo (inteso in senso divino e quindi il Tempo Eterno) ad adorare e glorificare. Voi non vi sareste rotti le scatole? In fondo Lucifero ha solo avuto un misero piccolo dubbio, e quello è stato l'inizio della sua "fine".
Ora Dio gli offre una grande opportunità: quella di tornare indietro, di redimersi. Per farlo, però, dovrà vivere per un mese nel corpo di un essere umano, uno scrittore fallito sull'orlo del suicidio. Lui, figuriamoci, accetta subito! E sceglie di vivere nel peccato e nella perdizione, ovviamente, scoprendo che vivere da uomo è molto, ma molto più divertente che fare il Diavolo!
Le battute si sprecano, il linguaggio è colorito. Niente esorcismi, niente risvolti horror, solo un Lucifero molto umano (o forse sono gli uomini ad essere fatti a sua immagine e somiglianza?) e irriverente. Vi soprenderete spesso a dargli ragione.
Prendete ad esempio tutta la storia di "Junior" e dei quaranta giorni e delle quaranta notti nel deserto:

"Matteo mi ha descritto nel tentativo di fargli trasformare le pietre in pane (...) e di farlo buttar già da una montagna per far accorrere un soccorso angelico (...) e di farlo inginocchiare e adorarmi in cambio di tutti i regni della terra (...).
Ora vi chiedo: pensate veramente che questo fosse il meglio che potessi fare? Voglio dire, rammento a tutti nel caso ve lo siate scordato: io sono il Diavolo. E pure se non lo fossi, sarei stato un totale idiota a pensare che avrebbe scelto delle sciocchezze del genere. Non si è neppure in grado di mangiarlo il pane dopo quaranta giorni e quaranta notti di fame. Far venire gli angeli in suo aiuto: che cosa avrebbe provato? Credo che gli avrei dato un'opportunità di mostrarmi quanto fosse importante. (...) Tutti i regni della terra? offrirgli l'intera collezione di Pokemon sarebbe stata la stessa cosa. Gli Evangelisti vi raccontano quello da cui loro sarebbero stati tentati (...). Non mi disturba che i Vangeli travisino,ma mi dà fastidio che io ne venga fuori così limitato, così miope."

Dai, non mi dite che non siete curiosi di leggerlo! :-)


domenica 19 agosto 2012

Ed è malinconoia...

Caldissima domenica d'Agosto: Lucifero, il terribile anticiclone africano che sta attraversando l'Italia in questi giorni, rende impossibile anche solo pensare di uscire di casa e allontanarsi da ventilatori e condizionatori. Scartata anche l'idea di andare al mare (meglio uscire la sera in questi giorni), mi ritrovo a casa da sola a cercare di combattere la noia. La mia peggior nemica. Cercando di combatterla mi sono spesso ritrovata in situazioni non proprio piacevoli. Se invece lascio che prenda il sopravvento, riesce in poco tempo a scatenarmi il malumore e con esso brutti pensieri. Ma proprio bruti bruttissimi!
Passo il tempo maledicendo coloro che sono in vacanza, perché vorrei essere al loro posto. Poi leggo qualcosa, dormo, ascolto musica, accendo la tv, la spengo, apro un giornale, chiamo un'amica... sono un'anima in pena.
In tutto questo niente che ho da fare (mi fa caldo perfino guardare le nuove collezioni invernali di vestiti, scarpe e borse), il malumore sta guadagnando terreno, lo sento. In poco tempo la lacrime pungono gli occhi e il nodo alla gola si fa ingestibile.
Piangere senza un motivo apparente: sarà la sindrome premestruale, sarà che vorrei essere in qualunque altro posto tranne che qui, sarà che ieri è stata una buona giornata e oggi, per controbilanciare, deve essere una giornata depressa, sarà che mi sento sola anche se non lo sono, sarà che alla fine siamo tutti soli di fronte al male di vivere, sarà che il male di vivere, maledetto lui, non se ne va mai, sarà che mi faccio troppe domande, sarà che le risposte mi fanno paura, sarà che non riesco a perdonarmi per certi errori commessi in passato, sarà che è vero, e ne ho le prove, che certi treni non ripassano più, sarà che, se avessi dato retta a quella vocina della ragione, adesso non sarei qui, sarà che sono sempre stata una che non dà retta alla vocina della ragione...
Sarà che chiudere i sogni in un cassetto non basta.
Sarà che devo cominciare a farne di nuovi e fa troppo caldo anche per quello.
Sarà che sono stanca di sentirmi ripetere che sono fortunata, perché ho gente che mi vuole bene, gente che mi ama, gente disposta a salvarmi, gente disposta ad atti eroici per farmi stare meglio.
Sarà che non ho bisogno di atti eroici.




sabato 11 agosto 2012

Aspettando una stella...

Quella notte che passai sdraiata su un prato accanto al ragazzino che mi piaceva senza mai toccarlo nè dire niente, con la pelle d'oca per l'emozione.
Quella notte passata con gli amici di tutte le estati, a fare a gara a chi ne contava di più. Ho perso perché distratta dalle troppe risate.
Quella notte sulla spiaggia, a ogni stella un bacio. E anche se non cadeva, un bacio. E se non eravamo sicuri, un bacio doppio!
Quella notte che mi sono rifiutata, colta da un improvviso cinismo, e dopo dieci minuti mi ero già pentita.
Quella notte con le lacrime agli occhi sapendo che il desiderio non si sarebbe mai avverato.
Quella notte che ho avuto la certezza che il desiderio si sarebbe avverato e ho avuto paura della troppa felicità.
Quella notte che mi feci due chilometri a piedi sotto la pioggia, contando i fulmini, con l'unico desiderio di essere a casa.
Quella notte che sono andata al cinema perché me ne ero dimenticata.
Quella notte passata a cercare un punto buio in una città super illuminata.
Quella notte sull'argine di un fiume, col naso in su, aspettando di fotografarne una e nel frattempo pensare che la stella più bella ce l'avevo davanti.

E questa notte. Da sola.

venerdì 10 agosto 2012

Via il grigio dalla vostre letture!

E allora, in questa estate calda, continuiamo a parlare di letteratura erotica. Le "Cinquanta sfumature" ancora mandano in estatasi milioni di donne nel mondo, così io ho pensato di scrivere una miniguida alla letteratura erotica, quella seria, magari stimolando... no ehm... incuriosendo queste donne (tutte, eh milioni di milioni!) e spingendole...uff no... invitandole a letture a mio avviso molto più "sporche" e intriganti. Per ora ve ne propongo quattro. Accantonate per un attimo tutto quel grigiume, per favore!

1. Chimo, "Lila dice": siamo nel 1996, in Francia esplode questo caso letterarario: uno scrittore sconosciuto, con lo pseudonimo di Chimo, fa recapitare ad una casa editrice questo manoscritto che, ripulito dagli errori di ortogafia e di punteggiatura. viene immediatamente pubblicato, diventando un bestseller. La storia è quella del diciannovenne magrebino Chimo, che vive nelle banlieu; un giorno incontra Lila, una ragazzina bionda e bellissima, che lui definisce "un angelo con la lingua da puttana". Lila infatti si diverte a raccontare a Chimo storie di avventure sessuali estreme, senza mai far capire se le ha vissute davvero o se le ha solo inventate. Così Chimo, ascoltando ciò che Lila dice (e vi assicuro che Lila dice cose davvero forti), decide di tenere un diario dove descrive gli incontri con Lila, scoprendosi così scrittore. Ne hanno tratto un film: ve lo sconsiglio. Meglio, molto meglio, il libro!

2. Laura Reese, "Sottosopra": romanzo d'esordio della scrittrice americana, è principalmente un thriller, i cui temi centrali sono il feticismo ed il masochismo. La protagonista, Nora Ribbs, non si dà pace perché è decisa a voler dare un volto e un nome all'assassino della sorella Franny. Un giorno, leggendo il diario segreto della sorella, scopre che quest'ultima aveva avuto una relazione difficile e perversa con M. un insegnante di musica arrogante e pieno di sè, che aveva trascinato la povera Franny in un vortice di esperienze umilianti e di torture fisiche e psicologiche. Nora si convince che M. potrebbe essere l'assassino della sorella e così, per "incastrarlo" e costringerlo a confessare, comincia a frequentarlo, finendo lei stessa in una relazione basata su un'attrazione psicologica e sessuale malata e deviata. Finché ad un certo punto Nora si rende conto che il mondo sadomaso che M. le fa conoscere le piace: impara così a considerare il dolore e l'umiliazione non come delle sofferenze ma come dei premi. Un libro che a tratti può disturbare gli animi più sensibili, per cui lo consiglio solo a chi vuole leggere qualcosa di forte.

3. Henry Miller, "Sexus", "Plexus", "Nexus" (trilogia): avendo già consigliato nel post precedente un altro libro di Miller, "Opus Pistorum", adesso parlo di questa trilogia, autobiografica, in cui Miller parla della propria maturazione interiore attraverso la scoperta del sesso e dell'arte. Gli incontri con le donne si moltiplicano: prima con una, poi con due, poi con una mentre l'altra guarda...
La storia centrale riguarda il rapporto con la sua seconda moglie, June, e il successivo instaurarsi del rapporto a tre con June e Jean.
Scabrosetto, intrigante: Miller quando parla di sesso lo fa senza freni e senza censure. Niente di troppo perverso o fastidioso.

4. Raffaëla Anderson, "Hard": definirlo "erotico" è forse azzardato. In realtà è la biografia di una famosa attrice hard francese che descrive in modo crudo il mondo del porno. Dalla "prima volta" su un set di un film a basso costo, alle produzioni di film ben più costosi,  Raffaëla racconta, senza risparmiare nulla al lettore, e anzi indugiando sulle parti più scabrose e squallide, quanto sia difficile per una donna essere un'attrice porno, quanta umiliazione sia costretta a sopportare e ad accettare pur di lavorare. Fino alla svolta drammatica che l'ha convinta ad abbandonare quel mondo.

Bè, che dirvi? Buona lettura! :)

venerdì 3 agosto 2012

Cinquanta sfumature di nulla

Mi sembra doveroso a questo punto dire due parole sulla lettura che sta scatenando gli ormoni femminili di mezzo mondo: parlo ovviamente di "Cinquanta sfumature di grigio". Una lettura di cui non vado fiera, ma tant'è... dovevo farla per poter avere un'opinione.
Nato come una fan-fiction per adulti di Twilight, questo libro, i cui protagonisti non sono più vampiri, sta facendo parlare di sè soprattutto per le scene di sesso, tanto da guadagnarsi l'etichetta di "romanzo erotico".
La storia: c'è una lei, ovviamente verginella ed ingenua, 21 anni spesi inutilmente, senza aver mai fatto sesso o anche solo dato un bacetto a qualcuno. Ah, dimenticavo, si chiama Anastasia. Già ricordarsi il nome è un esercizio non semplice, visto lo spessore del personaggio pressappoco simile alla carta velina.
Poi, ari-ovviamente, c'è un lui. Si chiama Christian Grey, si veste di grigio (e ha milioni di camicie di lino bianco nell'armadio), ha gli occhi grigi e un passato nebuloso. Coff coff coff, scusate, co' tutto 'sto fumo non respiravo più.
Christian ha 27 anni, è ricco sfondato, ed è abituato a regalare cose come auto e abiti griffatissimi; ah, dimenticavo...ama molto due cose: il cibo e il sesso "cattivo". Ohhhhh!
Ovviamente lui e lei si incontrano. Prima, non succede nulla. Per non so quante pagine il libro è un ottimo rimedio, naturale e senza controindicazioni, all'insonnia. Dopo, finalmente, lei scopre le gioe del sesso. Con lui ovviamente. E quindi ci sono scopate a ripetizione, e con esse anche tante, ma tante, ma TANTE risate. Ovviamente, nel "bassoventre" (tanto per usare una delle mille agghiaccianti espressioni dell'autrice, anche se credo che la migliore sia "non riesco più a guardarlo...è troppo erotico!") io avevo il Gran Deserto Sabbioso. Tanto per essere esplicita.
E veniamo alla "particolarità" di questo libro: loro fanno sesso ma mica quello noioso alla missionaria. No no, loro fanno il sessosporco, il sessoselvaggio, il sessononsidice!
Ma per favore! Romanzo erotico quello? Immagino che nessuna delle donne che è andata in visibilio per questo libro abbia letto...vediamo... "Le età di Lulù" della Grandes. Oppure "Il delta di Venere" di Anais Nin. O "Emmanuelle". Non nominiamo nemmeno il potente, assurdo, visionario "Opus Pistorum" di H. Miller. Sì, io li ho letti tutti. E di questi non mi vergogno.
La grande differenza tra la letteratura erotica dei romanzi sopra citati e la pornografia ridicola di questo libercolo è data non solo dallo stile (questo libro è scritto male, ma male male male), ma anche e soprattutto dalla mancanza di idee.
Già il fatto che nasca come un fan fiction di un libro, Twilight, che non può essere definito proprio un capolavoro letterario (e ve lo dico da twilighter, eh) lo rende un po' ridicolo. Ma poi, come ho già avuto modo di scrivere qui, la vera forza di Twilight era l'astinenza praticata dai due protagonisti. Purtroppo questo libro sembra scritto da una che, leggendo Twilight e non reggendosela più (sì, avete capito cosa), ha sentito il bisogno di mettere nero su bianco tutto ciò che si è immaginata facessero quei due. Molte persone avrebbero voluto non saperlo, e io sono fra quelle.
Non voglio essere cattiva e definirlo un libro per casalinghe frustrate o letteratura erotica per mamme annoiate dal sesso del sabato sera, come ho letto su diverse recensioni. Molte donne ne sono rimaste affascinate e avranno il loro motivo. Consiglio però a queste donne di farsi un giro nella vera letteratura erotica, fra i titoli che ho citato sopra. E forse, dico forse, si renderanno conto che "Cinquanta sfumature" è... "una cagata pazzesca!!!"





lunedì 30 luglio 2012

Sesso, litigi & videotape (immaginati)

Oggi, esattamente 17 anni fa, partivo per una vacanza-tour assieme alla Cappella Musicale della Cattedrale di Pisa, coro dal nome altisonante di cui ho fatto parte per dieci bellissimi anni della mia vita (dai 12 ai 22 anni). Destinazione: Londra.
In questi giorni, guardando i giochi olimpici organizzati proprio a Londra, quel viaggio mi torna in mente in continuazione.
Era la prima volta che facevo una vacanza "seria" senza i miei genitori, se escludiamo la gita scolastica in terza media a Venezia.
Sedici anni ancora da compiere, entusiasmo alle stelle. Due giorni prima di partire avevo dato un tenero, piccolo bacino a un amorino estivo e mi sentivo "donna". Tornando da quella vacanza, mio padre sarebbe partito da Sanremo (dove i miei stavano trascorrendo le vacanze) e mi avrebbe portato là con loro, dagli amici di tutte le estati. In pratica, ero felice.
Il viaggio a Londra si rivelò meglio di quanto credessi. A fare quel tour (eravamo là per fare una serie di concerti) andò solo la sezione femminile. Gli unici uomini che c'erano erano i fidanzati e mariti di qualche corista, oltre al direttore del coro. Avete presente cosa vuol dire far convivere trenta donne insieme per una settimana?
Ah, non ho mai assistito a litigi più divertenti!
Per esempio, c'erano due ragazze che si contendevano il fidanzato di una terza fanciulla: oh, ma che divertimento! Si son quasi tirate per i capelli...anzi, credo che lo abbiano fatto durante la visita in una chiesa. Il ragazzo in questione si comportava come un gallo in un pollaio, mentre le gallinelle si beccavano impazzite. La fidanzata ufficiale? Dormiva in piedi, ovviamente.
Per quel che mi riguarda mi limitavo, con le mie amichette, ad assistere ed a spettegolare. Quante notti abbiamo passato ad origliare! Ho imparato più cose su sesso&litigi in quella vacanza che in tutto il resto della mia vita! :D
Una sera abbiamo tirato una secchiata d'acqua ad un gruppetto di inglesi ubriachi che stazionavano sotto la finestra del nostro ostello: col loro casino ci impedivano di ascoltare! Purtroppo ancora non esistevano i telefonini in grado di registrare, altrimenti mi sarei fatta una bella compilation.
Che dite? Ero tremenda? Esagerati, ero peggio! D'altra parte, mi ha sempre aiutato molto la mia aria vagamente angelica...
I concerti andavano benissimo; gli inglesi, a dispetto della loro fama, erano anche gentili e mostravano di apprezzare le nostre cantate improvvisate, mentre passeggiavamo per le vie londinesi. In una settimana non piovve mai. Evidentemente insieme al bel canto, avevamo portato con noi anche il sole!
Mi scopro ad invidiare me stessa... 




                                                                           Coi Beatles al museo delle cere
                                                                                     Madame Tussauds


lunedì 23 luglio 2012

Tra il dire e il fare...

Ah, imparare a difendersi dalle delusioni, com'è difficile! Ci si può riuscire, eh. Molti penseranno: basta non fidarsi più di nessuno. Eh no, non basta. Perché purtroppo esiste una cosa che fomenta la delusione, che ne è il terreno fertile e il concime insieme: la speranza.
Quella maledetta.
È solo per colpa sua che ci facciamo del male, la maggior parte delle volte: spinti da lei aspettiamo avvenimenti che non si avverano mai, cosa della quale saremmo perfettamente consapevoli se non fossimo accecati da quella sfacciata, stupida, testarda speranza!
È sempre lei che ci spinge a credere che le persone cambino, sempre lei che ci sussurra melliflua all'orecchio che no, questa volta sarà diverso, questa volta sarà la volta buona. Sempre lei che ci spinge a credere che le persone a cui vogliamo bene saranno prima o poi disposte a fare per noi ciò che noi faremmo (facciamo) per loro.
Diventa difficile, quindi, salvarsi dalle delusioni se prima non ci si disintossica dalla speranza. E quella è una cosa che richiede una disciplina e un autocontrollo quasi sovrumani. Perché è facile lasciarsi andare! Basta dire "chissà se..." ed è finita, ci si è ricascati. I "chissà se...", i "forse...", i "ci penserò...", i "magari..." sono banditi!
Bisogna imparare a pensare e dire cose come "no", "mai" e "non mi interessa".
Bisogna imparare a non aspettarsi mai nulla.
Io non ci sono ancora riuscita, anche se ci sto lavorando. Sono purtroppo drogata di speranza e quando sto per lunghi periodi senza sperare nulla vado in crisi di astinenza e ci ricasco con un piccolo, insignificante, terribile "ma forse...". Poi però, purtroppo (per fortuna?), succede sempre qualcosa che mi ricorda il motivo per il quale avevo deciso di disintossicarmi: una bella delusione. Ed ecco che il cerchio si chiude. Debella la speranza e ti salverai dalle delusioni, evita di illuderti (e di deluderti) e sarai guarito dalla speranza.

...c'è solo da attraversare il mare, adesso.

giovedì 19 luglio 2012

...ma chi lo vuole il principe azzurro?

Non c'è dubbio che al cinema, ormai, sta impervesando la moda delle eroine senza principe azzurro. Ed era ora! Finalmente le donne hanno capito che, se vogliono salvarsi, devono farlo da sole, senza torri, trecce sciolte, svenimenti, lacrime e promesse.
Da "Hunger Games" a "Millennium", da "Biancaneve e il cacciatore" a "Brave", le protagoniste hanno smesso di aspettare da brave bambine il bacio che le salvi; ormai, senza perdere un briciolo di femminilità, tirano con l'arco, combattono come cavalieri, guidano la moto, sparano, si ribellano. Hanno paura ma sanno sconfiggerla, si feriscono ma non si lamentano, non invocano l'aiuto di un belloccio di passaggio, casomai offrono a lui il loro, magari se ne innamorano, ma rimangono autonome e forti.
Ho visto ieri sera "Biancaneve e il cacciatore" e quello che saltava agli occhi era proprio la lotta tutta al femminile fra il bene, la dolce "guerriera" Biancaneve, e il male, la terribile bellissima matrigna-strega cattiva. I protagonisti maschili? Poco più che comprimari. Pressochè inutili, oserei dire, e anzi, talora presenze alquanto fastidiosette. E anche l'altro film su Biancaneve, quello uscito qualche mese fa, con Julia Roberts nei panni della strega cattiva e Biancaneve coi sopracciglioni, aveva con questo un solo punto in comune: la supremazia femminile. Lì il principe era descritto come un povero bamboccio senza spina dorsale, una specie di marionetta, imbecillotto e ben poco attraente, con zero potere decisionale.
In "Hunger Games" la protagonista, Katniss, non esita ad "usare" l'amore che il suo compagno di disavventure prova per lei per salvarsi (e ok, alla fine salva anche lui, giusto perché è una donna e mantiene l'istinto da crocerossina...che quello è proprio l'ultimo a morire!). In "Millennium", la hacker motociclista Lisbeth si vendica delle violenze subite come nessun uomo avrebbe potuto fare ed è lei a salvare baracca e burattini.
"Da stasera la mia vita nelle mani di un ragazzo, no, non la metterò più!" cantava Patty Pravo. Ecco, più o meno è quello che sta succedendo al cinema.
E, voglio sperare, anche nella vita vera.

sabato 14 luglio 2012

I (brutti) segni del tempo

È un brutto segno quando, guardando un programma in stile amarcord come "DaDaDa" o "TecheTechetè", vedi delle scenette che ti ricordi perfettamente di aver visto la prima volta che la RAI le ha trasmesse.
È un brutto segno quando, ascoltando la radio, finisci su "Radio Nostalgia" e pensi "ma senti cosa fanno sentire... era l'anno della mia maturità!"
È un brutto segno quando, andando al cinema, vedi tutti i tuoi attori preferiti, quelli che un tempo ti saresti strombazzata senza pietà, che adesso fanno la parte dei padri. A volte dei nonni. È un brutto segno ricordarsi il loro debutto cinematografico.
È un brutto segno quando, leggendo un tema di un bambino di 12 anni a cui fai ripetizione, ti rendi conto che, quando ha elencato i suoi cantanti preferiti, tu hai pensato "ma esistono davvero o se li è inventati? Emis Killa?".
È un brutto segno quando leggi un altro tema, di un'altra ragazzina a cui fai ripetizione e scopri che, secondo lei, "vent'anni fa tutti stavano molto peggio e non avevano tanta roba da mangiare e vestivano male..." e tu realizzi che il tempo della tua adorata e rimpianta preadolescenza a lei sembra il primo dopoguerra.
È un brutto segno quando ti accorgi che, sui libri di storia, vengono riportate cose che tu hai visto succedere.
È un brutto segno quando al supermercato cominciano a chiamarti "signora" alle casse. Quando le commesse di una profumeria ti consigliano creme antirughe. O quando, dopo che hai rivelato la tua età, invece di dirti "ma sei ancora così giovane", cominciano a dirti "però! Li porti bene!".
È un brutto segno quando, ai mercatini dell'antiquariato, trovi la Barbie che ti è stata regalata per il tuo ottavo compleanno.
È un brutto segno quando scopri che hai dei capi nell'armadio identici a quelli visti nei negozi "vintage".
È un brutto segno quando ti accorgi che, uscendo il sabato con le amiche, non pensi più a quale rossetto metterti per sembrare più sexy, piuttosto ad avere scarpe comode. È un brutto segno anche quando ti accorgi che vuoi ricominciare a metterti i tacchi e cammini come Robocop.
È  un brutto segno quando cominci ad aver voglia di comprare fiori e cucinare torte di mele.
É  un brutto segno quando, per metterti lo smalto, devi inforcare gli occhiali...

(continua...)

mercoledì 11 luglio 2012

Free Dreams

Sabato sera, al Lucca Summer Festival, mentre assistevo in maniera non ufficiale al concerto della Pausini (che tradotto significa: invece di pagare il biglietto, sono rimasta fuori dalla piazza, in un angolino in cui si sentiva benissimo il concerto, e me lo sono ascoltato tutto lo stesso... prossimo appuntamento, i Duran Duran!), mentre assitevo a questo concerto, dicevo, riflettevo sul fatto che la Pausini, durante tutta la sua carriera, non ha fatto altro che raccontarci com'è andata la sua storia con quel famoso Marco che se n'era andato per non tornare più.
Prima soffriva la solitudine, poi urlava "non c'è! Non c'è!", (ovvio, se n'era andato...); poi ha avuto un momento riflessivo, chiedendosi: ma perché questi "strani amori finiscono ma restano nel cuore???" E già lì si vedeva un probabile riavvicinamento; infatti poi lui è tornato da lei, che già l'aveva decretato "incancellabile", ma tornava solo un weekend sì e uno no, tant'è che poi lei si è incazzata e gli ha urlato "...io non ci sto, o ritorni o resti lì! Non posso più dividermi tra te e il mare!" sostenendo che lui era stato "il suo sbaglio più grande!". Ma la litigata è durata qualche mese. Dopo poco lei cantava "...e ritorno da te, nonostante il mio orgoglio (...) e ritorno da te perché ancora ti voglio!". Probabilmente lui era fuggito in un paese di lingua spagnola, infatti lei ha tradotto tutto, casomai lui non capisse più bene l'italiano.
Poi c'è stato il dubbio, "e se fosse un'illusione, tutta questa benedetta passione??" e, "come se non fosse stato mai amore", lei ha preso una decisione e a muso duro gli ha detto: "resta in ascolto che c'è un messaggio per te! Perché ti conosco, il mio posto non è con te!".
Pensavamo fosse tutto finito. Invece si erano rimessi insieme: "sei tu senza alcun dubbio l'artefice di questa primavera che c'è in me!" e poi si sono lasciati di nuovo "come ci siamo arrivati a volerci così tanto male???".
Never ending story!

A parte gli scherzi, è stato bello ritornare ragazzina sabato sera e mettersi a cantare senza vergogna "...non c'è la tua bocca di fragola!" e "...chissà se tu mi penserai, se con i tuoi non parli mai!"
È stato divertente anche perché era gratis: non bisognerebbe mai pagare per un tuffetto nel passato! Alla prossima, Laura! ;)

lunedì 9 luglio 2012

Malamorenò

Il titolo di questo post è anche quello di una canzone molto carina di Arisa, cantata al Festival di Sanremo del 2010. Però la canzone recitava "... può scoppiare il un attimo il sole, tutto quanto potrebbe finire, ma l'amore, ma l'amore no!"
Il mio "malamorenò" invece è esattamente il contrario, è un rifiuto, del tipo (parafrasando un famoso slogan pubblicitario) "datemi tutto, ma l'amore no!".
L'amore è una cosa terribile. Non ti rende coraggioso ma temerario. Non ti fortifica, ti indebolisce. Non ti rende le cose più chiare ma le offusca. Non ti rende la vita più bella, semplicemente ti inganna.
Ero una deficiente. Ascoltavo tutte quelle belle canzonicine romantiche, leggevo quei romanzi femminili in cui il protagonista maschile è sempre un uomo straordinario mascherato da uomo comune. Guardavo film come Notting Hill, Pretty Woman, Love Actually... Dirty Dancing! Quanti danni ha fatto Dirty Dancing? Quante volte ho aspettato che arrivasse quella frase anche per me? "Nessuno può mettere Michela in un angolo!"
Cazzate.
L'altro giorno ascoltavo Baglioni alla radio; trasmettevano una delle canzoni che ho sempre adorato: "Amore bello". Pensate, mi si spezzava il cuore, da ragazzina, quando arrivava la frase "...vai via così, finisce allora tutto qui, fra poco andrai, un lento, l'ultimo oramai...". Di colpo, dall'alto del mio cinismo nuovo di zecca, ho avuto l'illuminazione: Baglioni ha voluto mascherare con frasine romatiche quello che avrebbe voluto realmente dire: "vai via così, finisce allora tutto qui, fra poco andrai...l'ultima volta me la dai?".
Guardare il mondo con pupille non offuscate, e Montale mi perdonerà per questa citazione, mi fa sentire più libera. Ma voi come fate a crederci ancora? All'affetto, alle promesse, alle coccole, alla gente che vi dice che vi vuole bene?
È un po' come uscire da una lunga malattia: sono ancora convalescente, ancora spero (la dipendenza dalla speranza è una delle cose più difficili da superare) che arrivi qualcuno che mi faccia cambiare idea, ma tutto sommato sto vedendo finalmente la fine del tunnel.
Voglio tante cose nella vita. Voglio stare meglio, voglio una salute migliore, voglio ridere, voglio imparare, conoscere, studiare, viaggiare, divertirmi... ma l'amore no.

mercoledì 4 luglio 2012

Fiore o serpente?

Estate 1990. La colonna sonora era la bellissima "Notti Magiche" (vero titolo "Un'estate italiana") di Nannini-Bennato che accompagnava gli azzurri impegnati nei mondiali di casa nostra.
Ero in vacanza a Milano Marittima coi miei e lì c'era un ragazzino, di cui non ricordo il nome, che non mi lasciava in pace un secondo!
Era di una cattiveria unica, il classico bulletto  che faceva lo stronzo con le ragazzine. Se andavo a fare il bagno, cercava di tirarmi giù il costume e non potevo fare un passo che me ne faceva di tutti i colori: gavettoni, gesti osceni...
Era diventato il mio incubo.
E la bimba cattiva, come al solito, venne in soccorso alla Michela dolce e remissiva.
Come tutti i bulli, era forte solo con i deboli.
Un giorno ero in spiaggia con il nuovo copricostume che avevo comprato con mia madre il giorno prima a Cervia: era bellissimo e, ovviamente, rosa. Appena mi vide, il bullo pensò bene di farmi uno scherzetto dei suoi: mega gavettone prima e subito dopo bombe di sabbia. Avete presente come mi conciai?
Però non feci storie. Mi alzai, mentre lui e i suoi amici ridevano, e corsi da mia madre. Le dissi: " Vado a lavarmi e cambiarmi e torno subito".
Dopo dieci minuti ero di nuovo in spiaggia. Credo che Carrie, la protagonista de "Lo sguardo di Satana", in confronto a me sarebbe sembrata uno zuccherino. Individuai il bulletto al bar della spiaggia. Era circondato dagli amichetti stronzini come lui. Gli feci "toc toc" col ditino sulla spalla. Lui si girò e mi disse "oh, che vuoi??". SBAM, schaffione. Barcollò, si aggrappò ad un tavolino e fu a quel punto che SBARABAM gli arrivò l'altro schiaffone dall'altra parte. Dopodichè mi avvicinai, lo presi per il ciuffo e gli dissi: "Ora te mi ascolti bene: la prossima volta ti do un calcio nei coglioni, hai capito?" (anche se non è che avessi molta idea di cosa fossero i "coglioni", ma lo avevo sentito dire da qualche compagno di scuola e mi sembrava che fosse una bella frase ad effetto).
Si mise a piangere e corse da suo padre. E lì ci fu la soddisfazione massima: cercando, fra un singhiozzo e l'altro,  di spiegare al genitore cosa gli era capitato, farfugliò un: "lei... mi ha... detto che... prima mi ha dato gli schiaffi, poi calci!!!". Suo padre si girò verso di me. Ah, non vi ho fatto vedere com'ero a quel tempo:




Ovviamente gli scoppiò a ridere in faccia! "Ma che stai dicendo? QUELLA ti avrebbe minacciato?? Quante volte te l'ho detto che non devi dire bugie! Stai zitto, stai!"
E SBAM, ceffone da suo padre. Come dire... non fu proprio la sua giornata fortunata quella.
Ottenni quel che volevo: da quel giorno in poi fu lui ad evitare me ogni volta che mi incontrava.

"Prendi l'aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso"
 W. Shakespeare





lunedì 2 luglio 2012

Vacanziera immaginaria

Ho bisogno decisamente di andare in vacanza. Non una minigita di uno o due giorni. Una vacanza vera vera, di quelle che si parte presto la mattina, portandosi dietro tutto l'armadio nelle valigie (perché non si sa mai, metti che piova? Metti che faccia freddo? Metti che faccia troppo caldo? Metti che mi serva il tacco a spillo?) e si torna dopo minimo 15 giorni, quando ormai la città o cittadina in cui hai scelto di "abitare" durante la vacanza ti è entrata nel sangue e tu ti senti cittadino onorario.
Voglio staccare la spina e allontanarmi da qui per un po' di tempo, voglio non pensare a tutti i problemi e chissenefrga se al mio rientro saranno tutti qui di nuovo. Se non altro mi sono divertita per un po'. Voglio svegliarmi alle nove, fare colazione e andare in spiaggia. Non pensare a fare la spesa, alle ripetizioni, al pranzo, alla cena, a risolvere i problemi di mezzo mondo o ad ascoltare l'altro mezzo che si lamenta o mi disapprova per qualcosa.
Sole, mare e cielo azzurro, andare in giro per mercatini, comprarsi qualcosa di inutile e sfizioso, come un olio per il corpo per sentirsi polinesiana o un burro di cacao alla fragola per sentirsi quindicenne.
Profumo di salsedine e olio solare, tuffi nell'acqua fresca e concedersi il lusso di un gelato alla fragola con tanta panna, due spaghetti con le vongole e un bicchiere di prosecco; passeggiare lungomare la sera con quella leggera brezza che fa venire i brividi e scambiare occhiate con quel tizio al bar che non rivedrai mai più. Magari uscirci e pensare che potrebbe essere l'uomo della tua vita, perché in quel momento siete solo felici e vivete momenti perfetti.
Mi mancano le vacanze così, quelle fatte per non fare niente, per non pensare a niente e per leggere libri che la maggior parte delle snobbine impegnate non userebbe nemmeno come carta igienica. Oddio, fosse mai che i Dotti Fondoschiena si ignorantizzassero e partisse da lì un analfabetismo di ritorno che potrebbe invadere i Sacri Cervellini!
Vabbè, a parte le digressioni, torniamo alla mia vacanza immaginaria: vorrei solo l'opportunità di mettere un po' di distanza fra me e i problemi, vorrei potermi svegliare una mattina e, di fronte ai soffi d'azzurro e di luce, pensare che in fondo la vita è davvero una cosa esagerata e sentire quel momento di euforia quando realizzi che hai davanti un altro giorno di libertà.

sabato 30 giugno 2012

Altro giro, altra corsa!

"Decisione numero uno: ovviamente perdere dieci chili. Numero due: mettere sempre a lavare le mutande della sera prima. Ugualmente importante: trovare un ragazzo dolce e carino con cui uscire, evitando di provare attrazioni romantico-morbose per nessuno dei seguenti soggetti: alcolizzati, maniaci del lavoro, fobici dei rapporti seri, guardoni, megalomani, impotenti sentimentali o pervertiti. E soprattutto: non fantasticare su una particolare persona che incarna tutti questi aspetti"
 da "Il diario di Bridget Jones"

Ho visto questo film giusto qualche sera fa, durante una tranquilla serata casalinga dedicata alla cura delle unghie e della pelle.
Come sempre, è stato spassoso guardare le avventure della povera trentatreenne Bridget, perennemente in cerca del vero amore.
Ma voi, e qui mi rivolgo al pubblico femminile, per chi tifate durante il film? Per il buono, onesto, burbero e integerrimo Mark Darcy, o per quel bastardo, stronzo, fedifrago, pervertito di Daniel Cleaver?
So che la risposta "giusta" dovrebbe essere Mark: avvocato, serio, affidabile (sbadiglio!), onesto, sincero, rispettoso (ari-sbadiglio!). Sì va bene, ok, tutto quello che volete... ma non vi ha mai dato l'impressione che la cara Bridget si sia "accontentata" di Mark? Che, raggiunti i 33 anni, si sia resa conto che non si può pretendere la passione travolgente per sempre e che bisogna imparare ad amare qualcuno che ci accetta così come siamo? (sbadiglio all'ennesima potenza!).
Io, manco a dirlo, tifo sempre per Daniel. Prendete ad esempio la scena in cui lui e Bridget sono fuori per il weekend e nello stesso hotel incontrano Mark con la sua collega, che sono lì per lavoro: da una parte si vedono Bridget e Daniel che se la spassano e ridono come matti, dall'altra il compassato Mark che scuote la testa con disapprovazione. Eccheppalle!
Vabbè, direte voi, però poi Daniel la tradisce e la fa soffrire, mentre Mark si rivela un cavaliere senza macchia che, nel secondo film, la salva addirittura dalla prigione.
See, ok, ve lo concedo: nel secondo film Mark guardagna qualche punto. Ma la noia rimane. Così come rimane quella sensazione che Mark sia un ripiego: non potendo avere quell'alcolizzato, maniaco del lavoro, pervetito, guardone e spassosissimo Daniel, Bridget si accontenta di Mark che la ama senza particolari slanci, ma almeno è sincero ed equilibrato.
Diciamoci la verità: nella realtà fra i due non ci sarebbe storia. Non ho la presunzione di parlare per tutte le donne a questo mondo, ma credo di poter affermare che un buon 85% sceglierebbe un tipo alla Daniel (e il restante 15% non vuole ammetterlo).
Ci hanno insegnato che "non si fa", che bisogna sognare il vero amore e il principe azzurro, che la donna non si deve divertire MAI, che il massimo che può prentendere sono la serenità e la tranquillità, ma guai al Cielo se si diverte!
È ovvio che, quando per divertirti scegli un compagno di giochi un po' spericolato, insieme al divertimento sale anche il rischio di farsi male. Tuttavia, questa vi sembra una buona ragione per non farlo?
Bè, quando, dopo la scena madre di tutto il film, quella dove Daniel e Mark fanno a botte per Bridget e Daniel, con quella sua faccia da schiaffi le dice che la ama e che vuol tornare da lei, io penso sempre che lei si faccia una violenza a non cedere. E mi sale sempre un filo d'angoscia nell'accorgermi che Bridget, all'età di 33 anni (la MIA età di adesso), si rende conto che il tempo dei giochi è finito, così come sono finiti i sogni ad occhi aperti, le emozioni forti, i momenti in cui ti manca il respiro ed è giunto il momento di "mettere la testa a posto" e di smettere di voler fare giri sulle montagne russe, scegliendo una ben più tranquiila e rassicurante giostra di cavalli.
Bè... per quel che mi riguarda, voglio farmi ancora qualche giro sulle montagne russe!

martedì 26 giugno 2012

Fulmini e labirinti

Premetto che non sono una che segue i telefilm. Per due ragioni: 1. non riesco ad essere così costante (da ragazzina adoravo "Beverly Hills", ma dopo la quarta stagione mi sono stufata e ciao); 2. I personaggi a cui mi affeziono fanno sempre fini tragiche e io poi ci metto anni a superare il lutto: non ho superato la morte di Paolo in "Distretto di Polizia 4", e nemmeno quella del Conte Ristori in "Elisa di Rivombrosa 2" e vogliamo parlare della morte di Billy in "Ally Mc Beal"? E vogliamo parlare dell'abbandono di Jess in "Gilmore Girls"??  Quindi, dopo tutti questi lutti, ho deciso di smettere di guardare telefilm, italiani o stranieri che siano.
Mi capita però di guardare ogni tanto "Grey's Anatomy". E di solito mi trovo alla fine della puntata col nodo alla gola. Quel telefilm sembra che abbia tutte le risposte alle domande che mi sono fatta non solo negli ultimi mesi, ma in tutta la mia vita. E di solito le risposte che sento non mi piacciono, perché la maggior parte delle volte portano ad altre domande. Anche stasera, per esempio, è arrivata la frase ad effetto che è stata un colpo al cuore. Non mi ricordo la frase esatta, ma diceva più o meno: se arriva il momento giusto in cui sei in grado di voltare definitivamente pagina e tirarti fuori da una situazione che ti fa stare male, sei a cavallo. Il problema sta tutto in quel "SE arriva".
E giù lacrime.

Io non ci riesco, mai. Non riesco a trovare il modo di uscire dalle strade senza uscita, scusate il gioco di parole. E ho un sesto senso per trovarle, eh! Una capacità rara: se avessi un euro per tutte le strade senza uscita che ho scelto di percorrere, sarei ricca sfondata. Da una all'altra, mi sono ritrovata in un intricato labirinto in cui ormai continuo a girare a vuoto. 

Pare che un fulmine non cada mai nello stesso punto due volte. Non so se è vero (qualcuno più bravo di me nelle materie scientifiche potrebbe darmi questa risposta). Per quel che riguarda la mia vita, ho l'impressione di essere stata colpita dai fulmini più di una volta. E sempre mi sono rialzata, spesso più forte di prima, pronta ad affrontarne un altro, in attesa probabilmente di quello definitivo. Ma la domanda adesso è: lo faccio apposta? Me li cerco? Li attiro, questi maledetti fulmini? Forse sì.
Farò un'altra citazione da "Grey's Anatomy": "Quando ci dicono di non toccare una cosa di solito la tocchiamo anche se sappiamo di non doverlo fare. Forse perché, sotto sotto, cerchiamo solo guai". Sarà per questo motivo che mi ficco sempre in situazioni terribilmente complicate? Sarà per questo istinto di ribellione? Sarà perché la vita mi sembra noiosa e, come scrivevo qualche giorno fa, le donne vogliono tutto tranne la noia?
Mi toccherà aspettare la prossima puntata di "Grey's Anatomy" per avere le risposte in modo da poter ricominciare a farmi domande.
Ancora labirinti da affrontare.



lunedì 25 giugno 2012

Dammi le tue mani, ché la mia anima vi s'addormenti

Stamattina ho visto mia madre venirmi incontro molto divertita con in mano l'ennesima foto di me da piccola, una di quelle che non avevo mai visto o che non mi ricordo di aver visto.
La foto, tutta ingiallita e rovinata, mi ritrae all'età di circa un anno e mezzo. Ancora non sapevo camminare e mio padre mi aveva appoggiata con la schiena ad un muretto, così potevo stare in piedi senza essere tenuta per mano e lui poteva scattarmi le foto. Evidentemente, però, dopo un po' devo essermi scocciata, ma invece di fare la mia solita faccina imbronciata mi sono girata verso mio padre e gli ho teso le braccine, con un'espressione disperata. Mio padre, figuriamoci, per niente intenerito ha continuato a scattare e il risultato è stato appunto la foto che ora ho in mano.
Tutti sorridono quando la vedono. A me vengono i lacrimoni. Perché so che, sotto sotto, quella bambina sul punto di scoppiare a piangere, che cerca disperatamente di essere presa in braccio, salvata, consolata e rassicurata, esiste ancora. Solo che nessuno la vede.
Chi mi incontra vede la bambola, la maliziosa, la vanitosa, a volte la maestrina; spesso l'infermierina, la psicologa, quella che ascolta, quella che sa cucinare e risolvere i problemi, quella ribelle, quella incazzosa, quella che reagisce, quella che non si fa abbattere, quella che "non è da lei piangersi addosso".
Forse nessuno la vede perché so nasconderla bene quella bambina in cerca di aiuto, che tende le mani fiduciosa in attesa di essere salvata. O forse, semplicemente, nessuno si sforza di andare oltre, nessuno pensa mai che, anche chi ha un carattere apparentemente forte, anche chi è abituato a risolvere i problemi altrui, a volte ha bisogno di chiudere gli occhi e lasciarsi guidare da qualcuno.
A volte ci si sente così soli.
Io me lo ricordo quel giorno, quello della foto. Non mi ricordo gli eventi, ma in qualche modo mi è rimasta la memoria di quella sensazione di disperazione e di abbandono. Come faccio? Babbo, prendimi! Mamma, per favore! Ho paura. Sono sola e non riesco a camminare, prendetemi in braccio, mi fido di voi, pensateci voi!
Quante volte mi succede ancora... quante volte. Ma non c'è mai nessuno che mi prenda in braccio. Mai nessuno.


N.B. La frase che dà il titolo a questo post è tratta da una poesia di Luis Aragon.

martedì 19 giugno 2012

Non fate arrabbiare Afrodite...

A grande richiesta continuo a parlare di  personaggi della mitologia greca, in particolare di quella simpatica bastardella di Afrodite. Lo so che tutti se la immaginano buona, gentile e dolcemente maliziosa. Era la mamma di Eros e quindi nell'immaginazione comune è una specie di dolce fatina che dipensa ammmmòre. Macché. Afrodite era una vera stronzetta. Ma di quelle davvero toste. E per questo merita un posticino d'onore nella mia personale classifica delle donne da ammirare.
Non si sa di chi fosse figlia (forse di Zeus e Dione, forse di Urano i cui organi sessuali caddero in mare e generarono la dea), ma di certo si sa che uscì dalle acque spumose del mare. Appena uscita dal mare, Afrodite fu portata dagli Zefiri fino alla costa di Cipro. Qui fu accolta dalle Ore (non la rivista porno, eh, ma le divinità delle stagioni: Eunomia, Diche e Irene), che la vestirono e la agghindarono e poi la condussero presso gli immortali.
La bellissima dea amò davvero due uomini: Ares, il dio della guerra, e Adone.
Con Ares le cose non andarono tanto bene; lei era sposata ad Efesto, ma lo tradiva con Ares. E come darle torto: Efesto era brutto e di cattivo carattere, Ares...bè... c'è bisogno di aggiungere altro? Peccato che i due amanti non furono molto furbi e si fecero beccare; e quindi dovettero separarsi: lei fuggì verso Cipro e Ares verso la Tracia. Nel frattempo però avevano generato diversi fliglioli, fra cui Eros, dio dell'amore, Deimo e Fobo (il "Terrore" e la "Paura"), e pare anche Priapo, il Roccone Siffredi della Grecia Antica.  Se Priapo assomigliava al padre, e credo proprio di sì, si capisce dunque perché Afrodite aveva preferito Ares a Efesto. Già da questo si intuisce che la dolce Afrodite non è che fosse proprio una ingenua  e maliziosetta verginella di campagna...

Il secondo grande Amore di Afrodite (non si contano le scappatelle occasionali) fu Adone. Egli era figlio di Mirra, una giovane che, con l'inganno, era riuscita ad unirsi incestuosamente al proprio padre per undici notti di fila. La dodicesima notte il padre si rese conto dell'inganno e inseguì la figlia armato di coltello per ucciderla. Mirra allora chiese protezione agli dei che la trasformarono in un albero. Nove mesi dopo, la corteccia dell'albero si aprì e ne uscì Adone, un bambino straordinariamente bello. Afrodite fu colpita dalla bellezza del bambino e decise di raccoglierlo e di darlo in affidamento a Persefone. Quest'ultima però si invaghì anche lei del fanciullo e non volle restituirlo ad Afrodite. La diatriba tra le due dee fu risolta da Zeus, che decise che Adone avrebbe passato un terzo dell'anno con Persefone, un terzo dell'anno con Afrodite e un terzo dell'anno dove pareva a lui. E Adone scelse di stare due terzi dell'anno con Afrodite e solo uno con Persefone. E anche in questo caso è facile capirne il motivo: Afrodite era bellissima, Persefone...bè...era un tipo, diciamo.
Probabilmente a causa della gelosia di Ares il bell'Adone venne ferito a morte da un cinghiale. Afrodite appena seppe dell'incidente corse in aiuto del ragazzo, ma non potè fare nulla e la leggenda narrà che ella versò tante lacrime quante furono le gocce di sangue perse da Adone: da ogni lacrima nacque una rosa e da ogni goccia di sangue un anemone.

Fin qui le sfortunate avventure amorose della povera Afrodite. Ma famose sono anche la sua collera e le sue maledizioni! Adorabile stronzetta! Un giorno castigò tutte le donne di Lemno, perché non la adoravano, affliggendole con un odore nauseabondo, dimodoché i mariti le abbandonassero. Era capace di arrabbiarsi soprattutto con le donne: una volta punì le figlie di Cinira, a Pafo, costringendole a prostituirsi agli stranieri.
Un giorno la Discordia lanciò una mela, destinata ad essere accordata alla più bella tra Era, Atena e Afrodite. Zeus ordinò a Ermes di portarle tutte e tre sull'Isola di Troade, perché Paride le giudicasse. Le tre dee, pur di vincere, promisero dei regali a Paride: Era gli promise la monarchia universale, Atena l'invincibilità nella guerra. Quella furbetta maliziosa di Afrodite gli promise la mano di Elena. Ovviamente fu scelta lei: ed ecco chi c'è all'origine della guerra di Troia.
Come si fa a non adorarla? Anche perché, attenzione: se non lo fate, potreste cominicare a sentire uno strano odore provenire dal vostro corpo... io vi ho avvertito...

giovedì 14 giugno 2012

Quello che vogliono le donne? Tutto, tranne la noia!

Due giorni fa parlavo con un amico e, ovviamente, lui si lamentava delle donne e del fatto che nessuno al mondo ha mai capito cosa vogliano davvero.
Mi domando cosa ci sia da capire. Basta ascoltare un paio di canzoni di Mina e una di Marco Ferradini e il gioco è fatto. Più semplice di così...
Prendete ad esempio "Grande Grande Grande". Si potrebbe sintetizzare così: sei un bastardo, egoista e prepotente che come te nessuno mai, mi fai vivere malissimo, mi fai stare sempre in ansia e non mi fai stare tranquilla un secondo, ma cavolo! Questa è la vita vera! Mica come le mie amiche che si annoiano con accanto uomini normali! No, la vita vera sei tu, che in un attimo ... "sei grande grande grande".
No, non è stata scritta dalla moglie di Rocco Siffredi. La grandezza in questione si riferisce ad una caratteristica morale e non fisica. Almeno credo.
Ora, in che modo lui diventi grande "in un attimo", dopo essere stato una merdaccia (scusate il francesismo) per tutto il tempo, non è chiarissimo, ma tant'è. Il succo del discorso è che la donna non ama la normalità e anzi preferisce di gran lunga sentirsi sempre maltrattata e in guerra, cercando di guadagnarsi con fatica ogni gesto gentile, quasi elemosinandolo. Una cagnetta scodinzolante in attesa che il padrone le dia il croccantino. 
La stessa teoria la troviamo nell'unica canzone di successo del buon Marco Ferradini, "Teorema": le donne sono contente solo se le tratti male, perché "chi meno ama è il più forte" e allora devi essere tu il più forte e trattarla da vero bastardo. C'è un unico caso in cui devi dare il meglio di te, cioè a letto, ma ricorda che "fuori dal letto, nessuna pietà". E allora sì vedrai che t'amerà! Uhhh eccome! Ha ragione il caro Marco, che alla fine della canzone però si pente di essere stato così spietatamente sincero e si rimangia tutto in un banalissimo happy end che sciupa la genialità del testo.

L'ultima canzone da ricordare, e forse quella più esplicativa, è "Bugiardo e incosciente".
Il testo è una specie di flusso di coscienza (più alla Italo Svevo che alla James Joyce, a dire il vero) di lei che, mentre il bastardo sta dormendo, pensa e ripensa a quanto lui sia stato egoista e bugiardo, a tutte le cattiverie che le ha combinato, a quanto lo odia. E mentre pensa  si ripromette che, appena lui si sveglierà, gli urlerà che deve andarsene affancuffia e se ne andrà. Ah sì sì, lo farà, sicuro! Poi lui si sveglia e lei gli dice: "amore mio, ti amo!". E trallallero.
La canzone in questione è cantata da Mina, ma è stata scritta da un uomo (o meglio da un tupè con un uomo intorno), Paolo Limiti.  Il che dimostra che gli uomini lo sanno bene cosa vogliono le donne, solo che fanno finta di non saperlo per il gusto di lamentarsi. 
Principalmente le donne non vogliono che le si dia per scontate. E pur di non cadere nella routine, pur di sentirsi sempre desiderate e cercate, accettano, anzi sarebbe meglio dire preferiscono, farsi (farsi fare) del male. Perché "se lui mi sta sempre col fiato sul collo, se lui non mi lascia mai in pace un secondo, se lui alla fine torna sempre da me anche se litighiamo, vuol dire che mi ama davvero e vuole davvero stare con me!". Amano i narcisiti per soddisfare il loro proprio narcisismo, amano gli uomini "cattivi" per sentirsi diverse dalle amiche che scelgono di volersi bene senza farsi male, annoiandosi però tremendamente.
Certo, dovendo scegliere, preferirebbero un uomo non bastardo che le tratti da regine, non facendole mai sentire trascurate. Ma siccome pare che uomini così non esistano (o se esitsono, nessuna li ha mai visti), scelgono la guerra piuttosto che l'indifferenza, il dolore piuttosto che l'apatia, i pianti piuttosto che la noia.
Cosa c'è di difficile da capire?






sabato 9 giugno 2012

La rivincita delle bambole

Chi mi conosce bene, sa che ho per il rosa una vera e propria ossessione cromatica. Fosse per me, il mondo sarebbe così:


Alberi rosa salmone e fucsia, cielo rosa shocking e nuvole color cipria. Sarebbero rosa la pioggia e le pozzanghere, leggermente tendente al violetto il sole, il mare dello stesso colore del cielo e la sabbia con tutte le mille sfumature rosate... insomma, si è capito. Io amo il rosa oltre ogni cosa (e la rima non era voluta, ma ce la lascio perché mi piace!).
Se qualcuno non sa cosa regalarmi, di solito opta per un qualsiasi oggetto rosa, e io sono felice. Se poi è anche glitterato, mi vengono le lacrime agli occhi.
Gli anni novanta per me sono stati un dramma: tutto era minimal, solo bianco o nero. Non che non ami il nero, figuriamoci, ma se non esco con qualcosa di rosa addosso mi sento a disagio. A volte devo impormi di comprare cose di altro colore. E tuttavia il mio armadio trabocca di rosa, tanto che potrei fare concorrenza alla Barbie.
Ed eccolo qui, il grande problema (se di problema vogliamo parlare): il rosa, il glitter, il glamour sono di solito associati alle bambole. E se si pensa a una donna-bambola, ahimè, si pensa ad una con poco cervello.
Purtroppo un motivo c'è: fin dagli anni '50, fin dai tempi di Marilyn, la donna bambola, quella con le movenze bambinesche e solo apparentemente innocenti, con gli occhioni sgranati e le ciglia lunghe, è sempre stata presentata come svampita e oca.
Che dirvi? Non credo di essere mai stata svampita e oca, ma di certo sono sempre stata "bambola". Recentemente ho fatto alcune foto in stile "urban": volevo sembrare un po' una bad girl, di quelle incazzate col mondo. Il risultato? Avevo la faccia di una "bambinetta disgustata e annoiata", come mi ha fatto notare una cara amica, altro che bad girl!
Di fatto, la gente non mi riconosce e non mi gradisce in altra versione che non sia la solita: occhioni sgranati, guanciotte rosa, labbra color porpora. Bambola, dunque, che racchiude anche l'essere "bimba cattiva", ma sempre bambola.
D'altre parte, da bambina, non mi addormentavo se non mi veniva cantata "c'è una bambolina che fa no no no no nooo! È così carina ma fa no no no no nooo!".
Il problema è che spesso vengo guardata, specie dalle donne, specie da quelle che tanto si affannano a cercare di dimostrare attraverso la negazione della loro femminiltà di avere un cervello, con molta diffidenza. Perché una bambola non può anche avere il cervello funzionante, no? Come si può avere voce e modi da bambina e nascondere le palle sotto i jeans?
Ebbene, si può. Ve lo garantisco. Mettermi qui a spiegarvi i perché e i percome mi sembrerebbe un insulto a me stessa. Non ho bisogno di snocciolare voti, concorsi vinti o successi personali per garantirvi che non sono svampita e superficiale. Mi fanno un po' pena quelle che, pur avendo scelto lo stile "professoressa impegnata che ripudia qualsiasi tipo di accessorio che possa ricordare anche da lontano un minimo di femminilità", poi si sentono sempre in dovere di farti notare quanto sono preparate e quanto hanno studiato. Quando poi le becco in fallo, mi diverto a distruggerle psicologicamente innestando in loro il seme del dubbio: ommioddio, ho scelto di essere brutta per dimostrare di essere intelligente e ho fallito anche in questo?
Per quanto riguarda l'universo maschile, agli uomini piace la bambolina, si sa, da sempre. Il problema vero è convincerli che c'è una differenza sostanziale tra una donna bambola e una bambola gonfiabile. Alcuni tendono a confondere le due cose, purtroppo, vittime anch'essi del ragionamento "stile bambola=zero cervello=posso usarla come voglio". Poi però ci rimangono male quando scoprono le palle sotto i jeans (rosa, glitterati).


giovedì 7 giugno 2012

Perché Orfeo si è voltato? Tutta la verità.

Continuo a parlare di coppie sfigate della mitologia greca: Orfeo ed Euridice. Oh, sono sicura che il vostro piccolo cuore tenero avrà avuto un sussulto nel ricordare la tragica storia di questi due amanti... ma siete sicuri che vi abbiano raccontato la verità?
Orfeo era figlio di Eagro e di Calliope, la più importante delle nove Muse, ed era originario della Tracia. Suonava la lira e la cetra, di cui si dice fosse stato l'inventore. Orfeo sapeva cantare canzoni soavi e bellissime tanto da ammansire le bestie feroci e costringere gli alberi a piegarsi verso di lui. Già per questo motivo, il perfettissimo, cantantissimo, inventorissimo Orfeo mi sta sugli zebedei. Lui con la sua lira, a cui aveva pure aumentato il numero di corde, da sei a nove, per omaggiare le Muse, che appunto erano nove. Pfui, ruffiano!
Partecipò alla spedizione degli Argonauti, ovviamente senza remare: lui era capovoga, e dava la cadenza ai rematori. Cantando, salvò tutto l'equipaggio mentre le Sirene cercavano di sedurre gli Argonauti: siccome lui era il più troppissimo bravissimo, oscurò perfino il canto delle Sirene e salvò tutti.
Orfeo si innamorò di una ninfa, Euridice, e la sposò. Un giorno che la povera ninfa stava passeggiando lungo un fiume della Tracia, fu inseguita da un certo Aristeo, che voleva violentarla. Lei, scappando fra l'erba, pestò un serpente che la morse, uccidendola. Orfeo la pianse disperato e subito decise di scendere agli inferi per cercarla. Seppe commuovere le divinità infernali coi suoi canti e ottenne il permesso di riportarla alla vita, ma a patto di non voltarsi mai a guardarla prima di averla riportata alla luce del sole. Euridice lo seguiva e i due stavano quasi per uscire dal mondo infernale quando Orfeo, non riuscendo a resistere al desiderio di rivederla, si voltò. Subito una forza irresitibile trascinò Euridice agli inferi e Orfeo dovette tornare nel mondo dei vivi da solo.
Ora, io mi chiedo: quale parte di "non ti devi voltare fino a che non sei uscito dagli inferi" non aveva capito il perfettissimo Orfeo? Una sola cosa doveva fare, perdindirindina! Possibile che non sia riuscito a resistere? Cavoli, lo sanno tutti che gli uomini sono capaci di fare chilometri senza mai voltarsi per guardare la compagna che arranca dietro di loro. Ce ne sono alcuni che hanno dimenticato la moglie all'autogrill e se ne sono accorti dopo centinaia di chilometri, possibile che lui, il perfettissimo, non abbia saputo resistere per due miseri, brevissimi metri?
Alcuni hanno voluto vedere in Orfeo una figura di "Hybris", intesa in questo caso come tracotanza umana, che troppo osa non fidandosi degli dei: si vuol dire insomma che Orfeo si sia voltato perché non si fidava di ciò che gli era stato promesso dagli dei degli inferi e volesse controllare che davvero Euridice lo stesse seguendo. Sì, ma perché non aspettare, nel dubbio, di essere comunque uscito? Ormai era quasi arrivato...
C'è un racconto molto bello di Gesualdo Bufalino, "Il ritorno di Euridice", che forse può darci una risposta a questo interrogativo. Il racconto è visto dalla parte di lei, che, ovviamente, dopo aver visto il suo uomo scendere agli inferi per salvarla e poi fallire proprio sulla linea d'arrivo, non sa darsi pace e continua a chiedersi perché:

"Quale Erinni, quale ape funesta gli aveva punto la mente, perché, perché s'era irriflessivamente voltato? "Addio!" aveva dovuto gridargli, "Addio!" (...) E così, risucchiata dal buio, lo aveva visto allontanarsi verso la fessura del giorno, svanire in un pulviscolo biondo (...) Ma non sì da non sorprenderlo, in quell'istante di strazio, nel gesto di correre con dita urgenti alla
cetra e di tentarne le corde con entusiasmo professionale (...) tutto gia bell'e pronto da esibire al pubblico, ai battimani, ai riflettori della ribalta (...).
Non s'udiva altro rumore che il colpo uguale e solenne dei remi nell'acqua. Allora Euridice si sentì d'un tratto sciogliere quell'ingorgo nel petto,
e trionfalmente, dolorosamente capì: 
Orfeo si era voltato apposta".

Eccolo lì, dunque, il vero motivo! Eccolo, un altro narciso innamorato di se stesso e della propria fama. Gira che ti rigira, con gli uomini si arriva sempre alla stessa conclusione. E così anche la povera Euridice, che aveva sposato un insospettabile, che era certa dell'amore che lui le dimostrava, ha dovuto fare i conti con l'amara realtà: nel momento in cui Orfeo è stato costretto a scegliere, ha scelto se stesso. Non solo, lo ha fatto da vigliacco, facendo credere a tutti di non aver saputo resistere alla tentazione di rivedere il volto di lei. 
Eppure basta leggere i "Dialoghi con Leucò" di Pavese per avere la conferma, direttamente dalle parole di Orfeo, di quanto sia stato bastardo:


"L’Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore (...). Ho capito che i morti non sono più nulla (...) Quando mi giunse il primo barlume di cielo, trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel barlume. Non m’importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai."

Mal comune mezzo gaudio, Euridice: consolati. A tutt'oggi ancora nessuna donna è riuscita nell'impresa di farsi amare da un uomo, non dico di più, ma almeno quanto se stesso. Continuiamo a incontrare uomini che si voltano quando non devono o che non lo fanno quando invece dovrebbero.





martedì 5 giugno 2012

La tristezza di amare (un) Narciso

Eco e Narciso: che coppia triste. Lui non era certo campione di simpatia, lei non brillava per intelligenza... come poteva finire se non in modo tragico?
Ma partiamo dall'inizio: figlio del dio del Cefiso e della ninfa Liriope, Narciso nacque bellissimo e biondissimo (o almeno così me lo immagino). Quando divenne adulto tutte le ragazzine si innamoravano di lui. Ma lui, figuriamoci, non se le filava nemmeno. Me lo immagino passeggiare con aria spavalda, un po' alla Tony Manero, mentre guarda le ninfette che sospirando si gettano ai suoi piedi, con l'aria di chi pensa "levati, pupa, io sono Narciso! C'è di meglio per me!". Bè, dato che le donne tutto possono sopportare tranne che il rifiuto, le giovani disprezzate da cotanta bionda virilità si incazzarono non poco e chiesero vendetta al Cielo.
Nemesi, quella simpatica personificazione della Vendetta Divina, che ogni donna vorrebbe avere come migliore amica, sentì le preghiere delle fanciulle rifiutate e furibonde e decise di aiutarle. Fece quindi in modo che un giorno di grande caldo, dopo la caccia, Narciso colto da sete improvvisa si sporgesse su una sorgente per dissetarsi e ... ohhhh! vedesse il proprio volto, così bello, ma così bello da innamorarsene all'istante. Fu talmente colpito dalla sua immagine riflessa che si ripiegò su se stesso e si lasciò morire. Nel punto in cui morì spuntò il fiore che porta il suo nome. Pare che anche da morto, ai bordi dello Stige, continuasse a cercare di specchiarsi per distinguere i suoi amati lineamenti. Ricordate Buffalo Bill de "Il silenzio degli innocenti"? "Io mi scoperei, mi scoperei a non finire!". Tale e quale.
Eco era una ninfa dei boschi e delle sorgenti, anche lei innamorata di Narciso, anche lei brutalmente rifiutata. Invece di incazzarsi e reagire come fecero tutte le altre, la dolce Eco decise di ritirarsi in solitudine, smettendo di mangiare e dimagrendo fino a scomparire. Di lei rimase solo la voce lamentosa che ripeteva le ultime sillabe delle parole che sentiva pronunciare.
Diciamoci la verità: questi due non ispirano simpatia né compassione. Per passare alla storia son dovuti morire entrambi. In realtà la vera punizione per loro sarebbe stata l'essere costretti a stare insieme, perché sarebbero diventati una coppia come tante se ne vedono tutt'oggi: lui, in perenne adorazione di sè, sempre alla ricerca di qualcosa di meglio e lei invisibile e triste al suo fianco, rassegnata e disillusa. Sarebbero diventati squallidamente banali, tristemente compatiti dagli amici che, uscendo con loro a cena, li avrebbero guardati pensando "spero di non diventare mai come voi".
La morte li ha resi leggenda e li ha salvati da un destino ancor peggiore.
Mi viene in mente una poesia di un poeta francese di inizio Novecento, Raymond Radiguet, che parla proprio di Eco e Narciso.
Vi saluto così, oggi.

Tu ti sposi con la morte
senza l'assenso degli dei;
ma il suicidio è un barare
che ci fa odiosi ai giocatori,
e ci preclude al loro cielo.

I morti che non si aspettano
vanno su e giù davanti al cielo
foglie morte le loro anime
preda dei venti, dei quattro venti.

Poiché in cielo si resta con gli anni
che si avevano all'arrivo
si dà la morte Narciso.
Non vi trova alcun vantaggio
se non il gusto del rimorso.

Se tanto teneva al suo volto
perché non pensò di annegarsi
nel fonte d'eterna giovinezza?
Tu, colomba scompagnata,
di' a cosa può giovarti
il ripetere di questo sciocco
l'ultima parola? Ascoltiamo
Eco in mezzo a questo boschetto,
sei tu colomba o pappagalletto?

Di quest'ultimo ti avvali,
pigrona, per far le smorfie
ai dolci detti che il tuo Narciso
non ebbe cura di proferire.

Lui, Narciso, ch'erra nelle valli
della morte e di roccia in roccia
lei nella vita, si equivalgono.
Li avvicina questa indolenza;
Che bella coppia avrebbero fatto!

Raymond Radiguet, "Tu ti sposi con la morte" (1920)