giovedì 20 febbraio 2014

Mi ameresti così, se fossi ancora viva?

Ultimamente, forse perché ho assistito impotente a due lutti improvvisi che hanno sconvolto la piccola comunità in cui vivo, penso spesso alla morte: alla mia, a quella delle persone che amo. E mi sono domandata se, quando si perde improvvisamente qualcuno che si ama tanto, si riesca a superare il rimpianto di non avergli detto certe cose quando era ancora in vita. Perché, come ho avuto già modo di scrivere altrove, credo che alla morte ci si possa rassegnare, essendo qualcosa di inevitabile per tutti, ma credo che non ci si possa perdonare di non aver fatto una cosa semplice, facile e banale come quella di dire una parola dolce in più.
Mi è venuta in mente una poesia, letta da qualche parte un po' di tempo fa, di Lőrinc Szabó, poeta ungherese semisconosciuto in Italia. Il poeta si rivolge ad una donna amata e morta. Fa pensare, questa poesia: quante volte non pensiamo alla fortuna che abbiamo? Quante volte pensiamo che certe cose, che certe persone possano durare per sempre? Quante volte rimangono solo nei pensieri le parole che invece potrebbero, dovrebbero!, arrivare alla bocca?
Fa pensare quella frase finale, che il poeta immagina gli venga detta dalla donna che lui ama tanto e che non c'è più:


Sono così felice, ardentemente,
d'amarti anche così, col mio dolore,
e vivo solo per tenerti in me
e non debbo evocarti per sentire
che sei qui: tu con gli occhi sognanti
e angosciati a osservare
questo destino che mi conduce
e mentre vecchi paesi s'accendono
e gli anni, penso che anche tu t'accendi,
tu, che la trovi al fondo del tuo cuore
la mia tenerezza dolente.


Ora è il dolore la felicità,
ed è questo ad unirci; e più ancora
(e mai tanto così completamente!)
quando un sorriso un po' ironico passa
sulla dolcezza del tuo viso, e a me,
forse per pungermi, dici
(ma piena di fiducia e comprensiva):
"Mi ameresti così
se fossi ancora viva?"



Lőrinc Szabó, Solitudine