martedì 19 agosto 2014

Parlare a "genero" perché Bova intenda

Insomma la lettera che Annamaria Bernardini de Pace ha scritto sulle pagine de "Il Giornale", indirizzata a un "genero degenero", non sarebbe a quanto dicono dedicata a Raoul Bova, come tutti avevamo pensato. Dice la Sig.ra Annamaria che tale missiva fosse una "finzione letteraria", scritta appositamente per una rubrica del giornale intitolata "Lettere d'Estate". Tanto che adesso è comparsa una lettera di risposta del "genero", anche questa una finzione, che porta la firma di Angelo Mellone.
Sarà vero. Per carità, non abbiamo nessuna prova che quella lettera fosse scritta per Raoul Bova, ex marito di Chiara Giordano, figlia dell'avvocato Bernardini de Pace, la più famosa matrimonialista d'Italia.
Però.
Però, cavolo, tutti coloro che scrivono, anche quelli che come me lo fanno per puro divertimento personale, senza arte né parte, lo sanno: quando si scrive una cosa, sia pure per finzione, non si può non attingere alla propria esperienza personale, al proprio vissuto.
Certo è che la Sig.ra Annamaria, nel momento in cui ha scelto di rivolgersi a "un genero", non può non aver pensato al suo. E anche la scelta di scrivere proprio ad un presunto marito della figlia la trovo quantomeno singolare, considerando che avrebbe potuto rivolgersi a chiunque, magari a una nuora, visto che si trattava di "pura finzione letteraria".
Il fatto è che, leggendo la lettera, ci sono un po' troppe coincidenze: il genero in questione ha tradito la figlia della suocera che scrive. E fin qui, ok. Anche Raoul ha tradito, ma da solo questo dettaglio non basta per dichiarare senza ombra di dubbio che il destinatario sia lui. Poi però la suocera nella lettera continua a descrivere quest'uomo: uno che mostrava di sè sempre il lato migliore, quello di buon padre di famiglia e di marito esemplare. Uno che non avresti mai pensato potesse tradire. E gia qui il dubbio comincia a venire, considerato che Bova ha sempre dato di sé e della sua famiglia un'immagine che nemmeno Guido Barilla osa sognare quando pensa ai consumatori ideali della sua pasta.
Continuando a leggere, molti altri indizi si aggiungono: quest'uomo ha tradito con una più giovane e bella, e guarda caso la nuova fidanzata di Raoul ha 25 anni ed è una modella; questo genero ha negato che la nuova relazione sia la causa della fine del suo matrimoni, e Bova più di una volta ha dichiarato che il suo matrimonio era in crisi da tempo e che la nuova compagna non ha influito in nessun modo con la decisione di separarsi.
Potrei continuare ad elencare le curiose coincidenze, ma la verità è una sola: che sia vero o no, ormai  per l'opinione pubblica quella lettera è stata scritta per vendetta ed il destinatario, per tutti, era proprio Bova.
Dato che considero Annamaria Bernardini de Pace una persona sveglia, acuta e intelligente, mi domando come abbia potuto non pensare a quanto avrebbe messo in ridicolo la figlia.
La povera Chiara Giordano ha dovuto sopportare già tante cose: prima il sentirsi dire costantemente quanto non fosse abbastanza bella per un marito così, poi le corna pubbliche, con tanto di commenti "per forza! Lei era una bruttina, prima o poi lui l'avrebbe tradita con una più giovane e bella!". Ed ora, come ciliegina sulla torta, sua madre scrive in quella maledetta lettera: "ti concedo che mia figlia sia un po' rigida" e poi, non contenta, fa anche commenti sulla potenza sessuale del genero: "la tua forza sessuale ha la durata di uno spot".
Io credo che non spetti alla suocera, per quanto cazzuta, fare commenti del genere.
Io credo che la moglie, o ex moglie, abbia il diritto di stare in silenzio, di urlare, di incazzarsi pubblicamente, di difendersi o di attaccare, ma di farlo da sola. Alla già tremenda figura di donna con le corna, ora si aggiunge anche quella di donna senza palle che ha bisogno della mammina per essere difesa?
Poco importa che fosse "finzione letteraria": chi ha scritto quella lettera doveva ben sapere che tutti avrebbero pensato a fatti e persone realmente esistenti e, forse proprio perchè era una finzione, avrebbe dovuto maggiormente tutelare sua figlia ed i suoi nipoti. E perché no, anche l'ex genero, che per quanto sia stato poco corretto, non credo si meriti che la suocera gli dia pubblicalmente del bugiardo, vigliacco, sleale e pure impotente.
Ho paura che questa "vendetta" sia stata un boomerang, cara suocera!


mercoledì 13 agosto 2014

Ombre che camminano

Oggi mio nonno, 81 anni, commentando la notizia del suicidio di Robin Williams mi ha detto: "Non capisco che problemi avesse! Era famoso, aveva i soldi, era sposato. Uno di solito è depresso per un problema serio, perché non riesce a pagare il mutuo o a dar da mangiare alla sua famiglia... ma lui aveva tutto!"
Già, mio nonno viene da una generazione in cui tutto era molto più facile: il mondo si divideva in bianco, nero e pochissime altre sfumature di colore. Se eri felice, ridevi, se eri triste, piangevi; e se eri triste c'era sicuramente un problema reale, tangibile. Le persone si riunivano la domenica e per le feste comandate, e quando erano tutte insieme erano contente di esserlo, e tutte erano presenti fisicamente e mentalmente. La guerra poi aveva insegnato a tutti che il diritto alla vita non era scontato, che la libertà era un lusso, e che entrambe le cose bisognava guadagnarsele lottando. E se uno lotta per qualcosa poi se lo tiene stretto, gli dà il giusto valore.
Oggi, noi fortunati che nasciamo liberi e protetti, viviamo in un mondo ben più complicato perché da soli ce lo complichiamo. Il benessere ci ha portato frustrazione e infelicità perenni. Siamo sempre connessi, in contatto fra di noi, eppure da soli. Ci incontriamo con gli altri, parliamo con loro, ma lo facciamo in non-luoghi in cui le infinite ombre di noi stessi scelgono cosa mostrare nelle vetrine che tutti guarderanno. Le nostre risposte non sono mai genuine, ma sempre ponderate, pensate, scelte con cura a seconda di cosa vogliamo essere in quel momento: il buono, il cinico, il cattivo, il polemico, il romantico.
Raramente siamo presenti fisicamente e mentalmente nello stesso luogo: siamo ad una cena, siamo ad una festa e pensiamo a fotografarci per mostrare sui social quanto ci stiamo divertendo. Ma spesso il nostro divertimento finisce nell'istante stesso in cui abbiamo caricato la foto. Da quel momento inizia l'attesa del commento, del mi piace, della condivisione.
Viviamo circondati dal buio perenne dell'insoddisfazione, buio che ogni tanto è attraversato da una scia di luce effimera ma molto luminosa che ci illude di essere ancora capaci di sperare e che ci fa dire "ma sì, in fondo la vita è bella e vale la pena di essere vissuta!". Siamo talmente abituati all'infelicità, che ci accontentiamo di pochi sprazzi di contentezza e ce li facciamo bastare per tirare a campare.
Quando tutto si spegne, e anche i pochi istanti di luce non ci sono più, il buio ci inghiotte.
Eppure possediamo tutto. E spesso chi possiede di più è proprio colui che soffre di più. Ma è inutile possedere tutto se siamo circondati di niente. Di niente di reale, di tangibile, magari anche pericoloso ma che ci manterrebbe vivi, vigili, presenti. 
Ormai c'è solo il Nulla che avanza come ne "La storia infinita".
"Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è", cantava Raf.
Ecco cosa ci uccide.