martedì 29 aprile 2014

Nymphomaniac: la mia (non richiesta) opinione

Avete visto "Nymphomaniac" Vol.1? Io sì, ed a breve andrò a vedere il Vol.2, appena uscito nelle sale italiane.
Lo consiglierei? Sì. Mi è piaciuto? Sì. Perché? Non lo so.
Premetto di non essere una grande amante dei film d'autore e di trovare noiosi molti film considerati dei capolavori dalla critica e da gran parte del pubblico. Questo per dirvi che, se non mi sono annoiata io, vuol dire che il film non è affatto noioso. Certo, se uno va con l'intenzione di vedere pornografia, scene eccitanti e maliziose, rimarrà molto deluso.
Questa la storia: in una grigia serata, mentre sta tornando a casa a piedi, il vecchio Seligman incontra in un vicolo, svenuta e ferita, Joe. Subito si avvicina a lei, offrendole aiuto ed ospitalità a casa sua. Ed è così che Joe, una volta rifocillata ed al sicuro, comincia a raccontargli la sua vita di ninfomane, partendo proprio dall'inizio, fin da quando era bambina.
Non mancano le scene esplicite, in "Nymphomaniac", non mancano organi genitali in primo piano. Ciò che manca è la perversione, la ricerca dell'eccitazione del pubblico e, anche se può sembrare strano per un film in cui per la maggior parte del tempo la protagonista non fa che raccontare le sue avventure sessuali sempre più squallide e degradanti, manca del tutto la volgarità.
Ho letto molte recensioni e molte opinioni diverse su questa opera di Lars von Trier. Alcuni sostengono che questo film parli essenzialmente della ricerca di amore. Io credo che invece, almeno nella prima parte, la pellicola parli principalmente di apatia. La protagonista è alla perenne ricerca di emozioni che non riesce mai a provare. Anche quando trova l'amore, o almeno crede di trovarlo, alla fine si rende conto di non riuscire a sentire niente lo stesso.
E proprio per far capire allo spettatore questa perenne indifferenza a tutto ciò che la circonda, questo distacco, credo che il regista abbia volutamente reso neutre le scene di sesso, che sono eccitanti quanto può esserlo un documentario sulla vita dei pinguini. 
Quando la giovane Joe piange, e lo fa più di una volta durante lo svolgersi della storia, non piange perchè prova un sentimento, al contrario: piange perché si accorge che niente, nemmeno la morte del padre adorato, riesce a cambiarla ed a renderla meno impermeabile alle emozioni. Piange per se stessa, non per gli altri: non prova rimorso per ciò che le sue azioni, in alcuni casi terribili, provocano in coloro che incontra nel corso della sua esistenza. Qualcuno potrebbe obiettare che piangere sia un atto decisamente contraddittorio per un'insensibile. Eppure a volte si piange anche per insensibilità. Si piange per frustrazione. Si piange per egoismo.
Nel raccontare la sua vita di donna mai sazia di sesso al vecchio Seligman, uomo colto, appassionato di scienze e musica (in una evidente contrapposizione tra istinto e ragione), l'adulta Joe non fa che darsi addosso tutto il tempo, sottolineando continuamente quanto lei si senta una persona orribile, perduta, sporca. Ma sta cercando di convincere il suo interlocutore, gli spettatori o se stessa? Forse vuol convincere se stessa, in modo che, una volta presa coscienza di quanto davvero sia squallida la sua vita, potrebbe cominciare a provare rimorso e, chissà, pietà per se stessa e per gli altri?
Devo ancora rispondere a queste domande.
Forse è proprio questa la forza del film: farsi domande senza riuscire a darsi risposte su ciò che si sta vedendo. Trovarsi di fronte allo squallore di una ragazzina che si svende per un pacchetto di cioccolatini senza esserne scandalizzati. Guardare l'accidia della protagonista ed esserne contagiati nonostante sullo schermo vengano inquadrati peni e vagine come se piovesse.
Aspetto di vedere la seconda parte, magari darò una risposta alle mie domande.
Intanto guardatevi questo film indefinibile e cercate anche voi le vostre domande.