giovedì 17 maggio 2012

Bastardadentro ma senza mutande

Mi è capitato spesso di parlare degli uomini bastardi (e ne riparlerò, statene certi, anche perché non tutte hanno la fortuna di averne conociuti, invece io sì e voglio mettere a disposizione tutto il mio sapere), ma stavolta voglio fare un piccolo, piccolissimo, oserei dire minimo, esame di coscienza ed ammettere che, nel corso degli anni, pure la sottoscritta è stata bastardella dentro con qualche malcapitato fanciullo che ha avuto la (s)fortuna di incrociare la sua strada.
Era il 1997, ero in vacanza a Sanremo coi miei genitori e con gli amici di tutte le estati. C'era il cameriere del ristorante che mi faceva gli occhi dolci. Era pure carino, per carità, moro, alto, occhi verdi, ma io non me lo filavo per niente. Una sera chiese a una mia amica di poter uscire con noi, dopo la fine del suo turno di lavoro. Poveretto. Mi si stringe il cuore ancora adesso se penso a come l'ho trattato. Lui si mise seduto accanto a me in gelateria e tentò di parlarmi per tutta la sera. Io facevo finta di ascoltarlo e poi, mentre lui parlava, mi giravo verso le mie amiche e cambiavo discorso senza nemmeno rispondergli.
Una mattina scesi per la colazione prima dei miei genitori, perché dovevo partire presto per una giornata fuori Sanremo con gli amici. Lui mi servì il caffelatte e le fette biscottate e mi salutò. Ricambiai il saluto poco convinta e poi mi alzai. Mentre attraversavo la sala, lo vidi uscire di corsa dalla cucina per dirmi qualcosa... feci finta di non vederlo, mi voltai dall'altra parte e me ne andai. Il giorno dopo mi servì un piatto di spaghetti versandomi un po' di sugo sui jeans. Chi la fa l'aspetti.
Sempre al mare, sempre in estate, sempre nel 1997, ma stavolta a Tirrenia (paesino di mare in provincia di Pisa), incontrai un tipo, si chiamava Alessandro. Mi invitò a prendere una coca al bar e, dopo dieci minuti che parlavamo, mi disse "sai, devo dirti una cosa: io sono stato in coma per 4 mesi lo scorso anno, a causa di un incidente d'auto gravissimo". Sarà stato il modo assurdo in cui me lo raccontò, dopo nemmeno un quarto d'ora che ci conoscevamo, sarà stato il tono con cui lo disse, come se mi raccontasse di avere un cane di nome Pallino, sta di fatto che mi misi a ridere senza ritegno. E più lui mi guardava con sgomento, più io ridevo, con le lacrime agli occhi, dicendogli anche cose del tipo "ma smettila di dire stronzate!". Poi mi fece vedere la cicatrice. Smisi di ridere e gli risposi "vabbè, ma ti sembra una cosa da dire in questo modo? Senti, mi sa che non ti sei ripreso tanto bene!". Non lo rividi mai più.
Un anno dopo, ad un amico che mi telefonava spesso e faceva tutto il carino e il gentile, risposi "ma noooo, mi chiami la serata della finale del Festival di Sanremo??? Ma non ci penso nemmeno a stare al telefono con te! Ciao!! Chiama domani!". Non chiamò né l'indomani, né mai più. L'ho ribeccato su facebook lo scorso anno e la prima cosa che mi ha detto è stata "lo guardi ancora il festival?". E vabbè, dai, manco lo avessi traumatizzato. Che lagna!
Quando ancora andavo a liceo, succedeva a volte che mio padre si dimenticasse di venirmi a prendere a scuola e io lo raggiungevo in caserma. Lì c'era sempre un suo collega, di sette anni più grande di me, figo da morire, ma troppo sicuro di sè, di quei tipi che quando ti guardano pensano "mi basta schioccare le dita e mi cadi ai piedi". Io gli sbavicchiavo dietro, ma lui manco mi vedeva. Finché non raggiunsi i 17 anni e di colpo smisi di essere "la figlia del maresciallo" e divenni "Michela". Solo che io, nel frattempo, mi ero innamorata di un altro. Mi telefonava e mi negavo al telefono. Mi salutava e mi giravo dall'altra parte. Un giorno andai da mio padre dopo la scuola ed appena entrai in caserma vidi questo ragazzo corrermi incontro in mimetica. Bello lo era, nulla da dire. Ma non lo degnai nemmeno di un saluto. Quando mi si avvicinò e mi chiamò per nome, io mi girai e risposi "oh, non ti avevo affatto riconosciuto, in mimetica siete tutti uguali! Ciao, vado da mio padre!". Che smacco! Di questa "bastardatina" vado fiera, considerando il fatto che lui era da strappamutande e io ero adolescente. Voglio dire, ci vuole coraggio a non strapparsele davvero, le mutande, a 17 anni di fronte al tipo più grande che ti guarda come se fossi una fragolona succulenta!
Peccato che poi, quelle mutande, me le sia strappate proprio quando, invece, sarebbe stato meglio indossare pure la cintura di castità. :-)

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