mercoledì 22 febbraio 2012

È tutta colpa di Baglioni

Ieri sera, d'improvviso, l'illuminazione! Anni e anni a chiedermi per quale motivo io sia quella che ancora piange davanti a "Ghost", che si scioglie con una poesia, specie se d'amore, quella che sta aspettando con ansia l'uscita di "Titanic" in 3D, quella che sa a memoria le battute di "Dirty Dancing", che nonostante tutto e sottosotto ancora guarda "Cenerentola" con un pizzico d'invidia, e ora ho finalmente la risposta: è colpa di Claudio Baglioni.
Da bambina, fino ai 10 anni circa, mio padre, ogni sabato mattina (frequentavo una scuola a tempo pieno, per cui il sabato mattina ero sempre a casa), mi portava con sé alla S.MI.PAR (Scuola Militare di Paracadutismo). Poi lui andava a lavorare nel suo ufficio e mi lasciva a girottolare per la caserma. C'era un giardinetto con delle altalene, e ci passavo ore intere; ogni tanto facevo amicizia con uno dei tanti micetti che abitavano lì dentro; ogni tanto mi intrufolavo in qualche ufficio vuoto a curiosare tra le scartoffie; ogni tanto mi addormentavo sui divanetti del circolo sottufficiali; ogni tanto giocavo con il biliardino o il flipper. Poi però arrivò il momento in cui, avendo esplorato la caserma in lungo e in largo, mi annoiavo a morte. E allora, per passare il tempo, mi rinchiudevo in macchina ad ascoltare la radio a tutto volume cantando a squarciagola.
Ecco: un bel giorno trovai inserita nel mangianastri la cassetta (a quel tempo non c'erano i cd) con i più grandi successi di Claudio Baglioni. Il destino volle così.  Ed è da lì che la mia povera mente fanciulla, che in quel momento era come un foglio bianco, cominciò ad essere riempita di immagini che hanno irrimediabilmente cambiato il mio modo di vedere la vita e, ahimè, l'amore.
È in quel momento che ho cominciato a credere agli amori totalizzanti, ai baci "a labbra salate, il fuoco e quattro risate"; è da allora che mi piace stare "accoccolati ad ascoltare il mare", che se penso all'uomo ideale lo vedo sempre "con grandi occhi chiari", che so che "ogni incontro è già un addio", che "io me ne andrei" ma solo dopo "un lento, l'ultimo, oramai". È da allora che ho imparato ad avere sempre "quell'aria da bambina", a sapere che non si può chiamare bacio se non ne viene dato "un altro e un altro ancora", che il massimo della vita è stare "mano nella mano" a "gridare i nostri nomi contro il vento"...
Potrei andare avanti all'infinito, ma la diagnosi ormai è chiara: avessi trovato la cassetta di Gianna Nannini ora probabilmente sarei un'avventuriera sempre con lo zaino in spalla, ribelle e stronza. Invece trovai Baglioni.

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