venerdì 17 febbraio 2012

Quello che le donne dovrebbero dire

C'è una canzone, che tutte le donne conoscono, che più o meno tutte adorano e nella quale tutte si ritrovano, che però è scritta da un uomo: sto parlando di "Quello che le donne non dicono", interpretata magistralmente da Fiorella Mannoia.
Ebbene, l'uomo che l'ha scritta, Enrico Ruggeri, conosce bene l'animo femminile e soprattutto ne conosce un aspetto fondamentale: la propensione delle donne a sentirsi crocerossine, a sentirsi geishe, a sentirsi materne e protettive, tant'è vero che, nella canzone, uno dei passaggi fondamentali recita "...tanto ci potrai trovare qui, con le nostre notti bianche, ma non saremo stanche, neanche quando ti diremo ancora un altro sì". La canzone parla delle donne, ma si rivolge agli uomini. Il messaggio che ne esce è fondamentalmente questo: siamo complicate, siamo delicate, siamo tutto quello che ti pare, ma se ci fai due moine, ci porti delle rose e "nuove cose", anche se siamo distrutte da "sere tempestose" ci dedicheremo completamente a te e a tuoi problemi e ti diremo sempre e solo "sì".
Il titolo della canzone è ovviamente incompleto, perché dovrebbe essere "Quello che le donne non dicono ma tutti gli uomini sanno".
Perché non c'è nulla di più vero del fatto che, fin da bambine, ci viene insegnato a dire sempre di sì e a sentirci in colpa quando diciamo un no. Abituate al fatto che, anche se stiamo male, se siamo malate, se non ce la facciamo ad alzarci dal letto la mattina, dobbiamo farci comunque in quattro e trovare la forza per accontentare i nostri uomini (siano essi padri, mariti, figli) non ci accorgiamo di quanto, ancora oggi, gli uomini si approfittino di questa cultura della sottomissione della donna. E anche loro, gli uomini, sono talmente abituati a sentirsi dire sempre di sì che, nel momento in cui ricevono un no si sentono mancare l'aria e la terra sotto i piedi.
Ultimamente mi è capitato di dire un no bello forte e deciso. Un no a una vita che non volevo, che non mi rendeva felice e che mi aveva ridotta ad essere la donna che mai avrei voluto diventare. Ma come era prevedibile, pur avendo avuto il coraggio di dire quel benedetto no, mi sono sentita (e mi sento ogni giorno) in colpa. Ho spesso la tentazione di voler tornare indietro e chiedere scusa per quel no, chiedere perdono per avere osato ribellarmi alla regola del "ti diremo ancora un altro sì".
Il coraggio di dire quel no molte donne non ce l'hanno, perché quel no fa soffrire loro per prime. Le fa sentire cattive, ribelli, meno devote e quindi meno femminili. Le fa sentire in colpa e "diverse".
Ogni giorno mi chiedo perché, se quel no è la cosa più giusta che potessi dire (me lo sento ripetere da tutti e me lo ripeto da sola, sempre) soffro ancora così tanto. Perché Ruggeri non ha scritto quel verso nella maniera che sarebbe (dovrebbe essere) più giusta? "Ma non avremo colpa, neanche quando ti diremo ancora un altro no".

Nessun commento:

Posta un commento