giovedì 9 febbraio 2012

La prossima volta, citofonare Maya

"Sono stata anch'io bambina, di mio padre innamorata, per lui sbaglio sempre e sono la sua figlia sgangherata, ho provato a conquistarlo e non ci sono mai riuscita e ho lottato per cambiarlo... ci vorrebbe un'altra vita!"
Mia Martini, "Gli uomini non cambiano"

Ed ecco condensata in tre righe la mia vita con mio padre. Non avrei potuto esprimerla meglio o più sinteticamente.
Giusto stamattina la mia cara macchinina, la Fiat 600 grigio perla (l'unica al mondo con anche il tettuccio apribile, credo), che è stata la mia migliore e più fedele amica negli ultimi 12 anni (quella macchina ha visto cose che voi umani...), ha deciso che era l'ora di prendersi un periodo di riposo e quindi si è spenta di colpo lasciandomi a piedi, per strada, disperata e al freddo. Non ho assolutamente idea di cosa sia potuto succedere, le ipotesi sono varie e molteplici. La cosa interessante però è che mio padre, venendo in mio soccorso, mi ha subito detto che la colpa era mia e che io avrei dovuto, cito testualmente, "prevedere un evento del genere", poiché "la macchina è vecchiotta" e a me "basta solo che si metta in moto e parta" mentre dovrei, secondo lui "essere esperta di motori e controllarla periodicamente" perché altrimenti "a scuola guida che ci sono andata a fare?". Ok, ammetto che di motori non ne capisco nulla. Però so riconoscere una spia che si accende o un rumore sospetto e posso giurare che stamattina la macchina è partita come sempre, senza allarmi, rumorini o spie rosse, e io purtroppo non sono in grado di prevedere incidenti e catastrofi. Metto in promemoria, per le prossime volte che prenderò l'auto, "citofonare Maya".
Tuttavia questa è solo l'ultima, in ordine di tempo, delle colpe che mi vengono periodicamente attribuite dal mio tutt'altro che comprensivo genitore.
La volta che tentarono di rubarmela, sempre quella povera sfortunata 600, e la trovai mezza scassinata (ma lei, poverina, eroicamente aveva resistito al tentativo di furto), mio padre mi attribuì la colpa, dicendomi che "l'avevo parcheggiata in un luogo malfamato!". Per la cronaca, la macchina era in sosta in un parcheggio in pieno centro città e, quando ero arrivata, l'avevo parcheggiata vicino ad un'auto dei Carabinieri. Ma l'apice lo raggiunse quando la trovai rigata: mi disse che era colpa mia perché avevo parcheggiato la macchina "senza prima aver guardato la condizione delle macchine accanto" perché "se le macchine accanto sono ben tenute, vuol dire che poi il proprietario, uscendo dal parcheggio, farà attenzione a non urtare le vetture vicine, essendo persona precisa ed accorta".
Se per caso, quando vado a fare la spesa, non trovo una cosa che gli serve, perché proprio non è presente sugli scaffali, indovinate un po'? Mi dice che è colpa mia, perché sono andata al supermercato in un orario in cui "dovrei sapere che la roba è terminata". Quando gli hanno trovato le analisi completamente sballate (trigliceridi e colesterolo alle stelle), la colpa è stata mia, sapete? Eh sì. Perché sono io quella che cucina e fa la spesa e dovrei "evitare di comprare dolci, formaggi, salumi" perché poi, se sono in casa e lui li vede, "non riesce a fare a meno di mangiarli". Il fatto che con noi abitino altre due persone sanissime, mio nonno e mia madre, che possono mangiare quello che vogliono, per lui non ha la minima importanza. Il fatto che anch'io sia malata di diabete eppure riesca a cucinare un dolce senza mangiarmelo, mi rende ai suoi occhi "sovrumana": lui non ci riesce e io devo capirlo ed evitare di cucinare manicaretti. Ovviamente, quando una cosa invece non la sbaglio, la faccio bene, arrivo prima degli altri "ho fatto solo e soltanto il mio dovere".
Potrei andare avanti all'infinito, ma il concetto mi pare chiaro. Che poi fa presto la gente a dire "Ma perché hai tutti questi sensi di colpa? Perché chiedi sempre scusa e ringrazi per nulla? Perché hai così poca autostima?".
Non credo che ci voglia una Laurea in psicologia per capirlo.

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