martedì 15 novembre 2011

La sicurezza del cappuccino

Seduta in quel caffè...
Stamattina stavo sorseggiando il mio solito cappuccino al solito baretto "sotto casa", e osservavo gli altri clienti, sempre i soliti, che incontro sempre alla stessa ora ogni mattina. Tutti, e dico tutti, me compresa, non osano mai ordinare qualcosa di diverso e fanno, ogni mattina, le stesse cose: c'è quello che entra e subito ordina il caffè e poi aspetta impaziente di poter leggere il giornale che nel frattempo è in mano alla signora con le buste della spesa, sempre le stesse due buste che contengono sempre almeno due pacchi di pasta e un cartoccio della gastronomia; c'è l'autista dello scuolabus che ogni mattina fa una telefonata con l'auricolare e ordina una sfoglia al riso e un latte macchiato; c'è la ragazza bionda col bambino che entra e informa la titolare del bar se e come il pargolo ha dormito quella notte, ci sono le "tre grazie" che spettegolano sempre di una certa Grazia (la quarta grazia??), che, vi giuro, se un giorno la incontro le chiedo subito perché pensa che suo figlio sia meglio di quello delle altre tre... e così via, ogni mattina. Passano le stagioni, ma nessuno cambia mai abitudine. Ed ecco che mi viene da pensare che l'abitudine sia un po' come la nostra coperta di Linus, l'ancora di salvezza; puoi passare la notte peggiore della tua vita, ma hai una certezza: la mattina dopo andrai al bar a prendere lo stesso cappuccino che ti rassicuri, che ti dica che in fondo non è successo nulla di così catastrofico, perché altrimenti non saresti lì a fare la stessa colazione che hai fatto negli ultimi cinque o dieci anni. L'abitudine che grande invenzione umana! Il nostro più grande limite e insieme la nostra ancora di salvezza.
Sì, ho pensato a tutto questo bevendo un cappuccino e, pensate, ho avuto pure l'idea di scriverlo con la presunzione che a qualcuno possa fregare qualcosa...
ma è a questo che servono i blog, no?

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