giovedì 15 dicembre 2011

Grazie, no! Grazie, no! Grazie, no!

Tutti conoscerete Savinien Cyrano de Bergerac, poeta e drammaturgo francese (nonchè abilissimo spadaccino) vissuto nel '600; la sua figura ha ispirato la celeberrima opera teatrale (pubblicata nel 1897) "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand.
La commedia, suddivisa in cinque atti, racconta, appunto, le vicende di Cyrano, poeta e scrittore dal lungo naso, bravo nel ferire i nemici sia con la lingua che con la spada. Scontroso e niente affatto disposto a scendere a compromessi, nonostante stia attraversando un periodo di gravi difficoltà economiche, è segretamente innamorato della cugina Rossana. Quest'ultima però ama un altro, il bel cadetto Cristiano de Neuvillette, che possiede tante doti ma non quelle della poesia e della scaltrezza linguistica, che sarebbero invece tanto gradite a Rossana. Il povero Cyrano, per una serie di sfortunate circostanze, si ritova, suo malgrado, a doversi prendere cura del giovane Cristiano e perfino a fargli da suggeritore quando egli, nottetempo, si reca sotto il balcone di Rossana per corteggiarla.
Ho fatto tutta questa premessa perché oggi voglio condividere con voi un monologo tratto proprio da questa commedia, che fece la fortuna del suo scrittore, fino ad allora considerato mediocre e successivamente, invece, insignito della Legion d'Onore.
Il monologo (atto II, scena VIII) è la risposta che Cyrano dà agli amici che gli consigliano, data anche la sua condizione economica non proprio florida, di sottomettersi ai potenti, di fare un po' il leccapiedi e di cercare così di scampare ad un'esistenza grama. Ed ecco la risposta orgogliosa del poeta spadaccino, che a mio avviso, visti anche i tempi che corrono, dovrebbe essere fatta imparare a memoria agli studenti fin dalle elementari:


"Orsù che dovrei fare?....
Cercarmi un protettore, eleggermi un signore,
e come l'edera, che dell'olmo tutore
accarezza il gran tronco e ne lecca la scorza,
arrampicarmi, invece di salire per forza?
No, Grazie!

Dedicare, com'usa ogni ghiottone,
dei versi ai finanzieri? Far l'arte del buffone
pur di vedere alfine le labbra di un potente,
schiudersi ad un sorriso benigno e promettente?
No, Grazie!

Saziarsi di rospi? Digerire
lo stomaco per forza dell'andare e venire?
Consumar le ginocchia? Misurar le altrui scale?
Far continui prodigi di agilità dorsale?
No, grazie!

Accarezzare con mano abile e scaltra la capra,
e intanto il cavolo innaffiare con l'altra?
E aver sempre il turibolo sotto dell'altrui mento,
per la divina gioia del mutuo incensamento?
No, grazie!

Progredire di girone in girone,
diventare un grand'uomo tra cinquanta persone,
e navigar con remi di madrigali, e avere
per buon vento i sospiri di vecchie fattucchiere?
No, grazie!

Pubblicare presso un buon editore,
pagando, i propri versi! No, grazie dell'onore!
Brigar per farsi eleggere papa nei concistori
che per entro le bettole tengono i ciurmatori?
No, grazie!
Sudar per farsi un nome su di un picciol sonetto
anziché scriverne altri? Scoprire ingegno eletto
agl'incapaci, ai grulli; alle talpe dare ali,
lasciarsi sbigottire dal rumor dei giornali?
E sempre sospirare, pregare a mani tese:
Pur che il mio nome appaia nel Mercurio francese?
No, grazie!

Calcolare, tremar tutta la vita,
far più tosto una visita che una strofa tornita,
scriver suppliche, farsi qua e là presentare?...
Grazie, No! Grazie...No!
...Grazie... No!
 

Ma,
Cantare, Sognar sereno e gaio, libero indipendente,
aver l'occhio sicuro e la voce possente,
mettersi quando piaccia il feltro di traverso,
per un sì, per un no, battersi o fare un verso!

Lavorar, senza cura di gloria o di fortuna,
a qual sia più gradito viaggio, sulla luna!


Nulla che sia farina d'altri scrivere, e poi
modestamente dirsi: ragazzo mio, tu puoi
tenerti pago al frutto, pago al fiore, alla foglia
pur che nel tuo giardino, nel tuo, tu li raccolga!


Poi, se venga il trionfo, per fortuna o per arte,
non dover darne a Cesare la più piccola parte,
aver tutta la palma della meta compita,
e, disdegnando d'essere l'edera parassita,
pur non la quercia essendo, o il gran tiglio fronzuto
salir, anche non alto, ma salir senza aiuto!"


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